Tra i maggiori timori di due genitori che decidono di lasciarsi, c’è il non sapere i figli come reagiranno alla notizia. In effetti, è una scelta dolorosa per tutti, ma io ripeto sempre che le reazioni e le conseguenze dipendono non tanto dalla separazione in sé, ma da come la si gestisce.
Tenendo presente che ogni famiglia ha poi una storia a sé, proviamo comunque ad immaginare come reagiscono i figli alla notizia i genitori vogliono separarsi.
Da cosa dipende questa reazione?
Da età, maturità, carattere, resilienza – la capacità di rispondere positivamente a eventi traumatici – risposta del contesto (scuola, parenti, amici), ma soprattutto da come si comportano i genitori tra di loro e col figlio stesso.
Quale può essere la reazione?
Anche prima dei 3 anni, un bambino può risentire di tensioni particolari o cambi di abitudini. Non riuscendo a riconoscere, verbalizzare e gestire ciò che prova, però, potrebbe reagire balbettando, diventando aggressivo, irritabile, ribelle, capriccioso, scoppiando improvvisamente a piangere, avendo disturbi del sonno o dell’alimentazione o regressioni (anche per il controllo sfinterico). Ciò per attirare l’attenzione su di sé e su un disagio che non comprende del tutto e che, perciò, lo spaventa.
Nella fase successiva, tra i 3 e i 5 anni, un figlio – soprattutto se lasciato solo con dubbi e domande – potrebbe incolparsi per la separazione, convincendosi che, magari, un genitore sia andato via perché è arrabbiato con lui e non gli vuole più bene. Anche a questa età, possono comparire regressioni, rabbia o aggressività.
In età scolare, i bambini comprendono meglio la nuova realtà familiare e cercano di avere un buon rapporto con entrambi i genitori, anche simulando di star bene per accontentarli o non deluderli. Reazioni negative possono essere legate a disturbi somatici, ma anche a problemi scolastici o di socializzazione.
La preadolescenza (11-13 anni) è un periodo critico, in cui – da una separazione mal gestita – potrebbero nascere ansia e problemi comportamentali. Il figlio potrebbe anche schierarsi col genitore percepito come più fragile, in una sorta d’inversione dei ruoli.
Adolescenti e giovani potrebbero provare rabbia o ribellarsi contro genitori ritenuti modelli deludenti. Ciò potrebbe spingerli ad allontanarsi da casa (cercando fuori un accoglimento che non trovano in famiglia) o, al contrario, a non voler abbandonare il genitore considerato più debole.
Molti genitori – anche se separati in casa – rimandano la decisione di lasciarsi, in attesa che i figli diventino più grandi. Quando, però, si vive tutti insieme, ma in un clima di nervosismo, ambiguità o freddezza, la notizia della separazione potrebbe essere accolta con sollievo. Ciò non significa che i figli non stiano soffrendo. Forse, la sofferenza più grande si è già consumata prima, in silenzio.
Come comportarsi?
Il significato che la separazione ha per i figli è diverso da quello che ha per gli adulti. I bambini soffrono anche “separandosi” dai genitori semplicemente per andare a scuola. Fondamentale è rassicurarli sull’indissolubilità dell’amore dei genitori, senza far perdere loro punti di riferimento e abitudini.
I neonati potrebbero sembrare immuni da conseguenze a breve termine, ma va garantita loro la presenza di entrambi i genitori per sviluppare relazioni di attaccamento stabile.
Ai figli, già dai 3-4 anni, va spiegata la situazione in modo chiaro e sereno, aiutandoli poi ad esprimere ciò che provano, anche attraverso il gioco ed il disegno.
Non bisogna far dipendere le proprie scelte dalle reazioni dei figli, perciò meglio comportarsi in modo coerente con le proprie scelte, senza illuderli o confonderli.
Non tutti i capricci sono legati ai cambiamenti in atto, perciò è inutile – se non dannoso – “viziarli” per placare i sensi di colpa o compensare la perdita.
Dell’educazione dei figli, dovrebbero occuparsi entrambi i genitori, concordando linee comuni ed evitando di creare una contrapposizione tra genitore affidatario (severo, che dà le regole e dice “no”) e l’altro genitore, che, essendo meno presente, tenda ad accontentare i figli su tutto, quasi non sentendosi più responsabile della loro educazione, ma solo di intrattenerli nel tempo insieme.
I bambini devono sentirsi accolti e compresi nel loro smarrimento. Molti genitori non affrontano discorsi difficili, pensando che non parlare aiuti, ma come si può metabolizzare qualcosa di cui si ha un’immagine pericolosamente incompleta o distorta?
Se i figli avvertono che di un argomento i genitori non vogliono parlare (perché li fa soffrire o imbarazza o non sanno come affrontarlo), inizieranno a reprimere e falsare i propri sentimenti per accontentarli, chiudendosi in se stessi, somatizzando i disagi o lasciandosene influenzare pericolosamente nelle proprie scelte di vita.
Se non troviamo le parole giuste per parlare coi nostri figli, ricorriamo ad un libro, a internet, ad un film o ad uno specialista, ma non creiamo mai tabù!
È importante preparare il bambino ai cambiamenti che avverranno in casa e nei rapporti coi genitori, senza bugie né ambiguità, anche per non farli sentire “pacchi” spediti qua e là.
Un figlio deve sapere di potersi fidare e non sentirsi preso in giro. Meglio non inventare scuse per l’allontanamento del genitore non affidatario, ma dire chiaramente le modalità e i tempi con cui potrà vederlo.
È importante essere positivi, avere atteggiamenti costruttivi e far intravedere opportunità nel cambiamento.
Letture consigliate:
Bogliolo Corrado, Bacherini Anna Maria, Manuale di mediazione familiare. Proteggere i figli nella separazione, Franco Angeli, 2009
Pellai Alberto, Tamborini Barbara, Vi lasciate o mi lasciate? Come spiegare a un figlio, la separazione dei genitori, Edizioni Erickson, 2009
Photo credit: / 123RF Archivio Fotografico
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