Ho visto una trasmissione qualche sera fa. Non so se ho fatto bene o male. Mi è sembrata un “gossip” su un tema molto pesante: la pedofilia e gli abusi sui minori. Era una di quelle ricostruzioni di un fatto di cronaca agghiacciante e parzialmente irrisolto… Però l’ho guardata. Perchè sono una mamma. perchè potrei essere io la mamma di quella ragazzina. Perchè mai e poi mai vorrei rischiare di “non essere stata attenta”. Voglio sapere. Voglio sapere cosa potrebbe succedere, perchè, purtroppo, può succedere a tutti. Nessuno escluso.
E’ abbastanza normale. Ci sono argomenti di cui non vorremmo mai parlare. Ma quando riguardano i nostri figli, il loro benessere, la loro felicità o profonda infelicità, non possiamo mettere la testa sotto la sabbia. Ci è già capitato qui su mammeacrobate di trattare il tema della pedofilia, anche se in realtà lo avevamo solo sfiorato. Ci vogliono gli strumenti giusti per affrontare un tema così delicato nel giusto modo. E così, per aiutarci a trovare risposte adeguate alle domande di noi genitori, per capire meglio come comportarci, abbiamo chiesto aiuto a un’esperta, a Francesca Imbimbo, pedagogista del CAF – Centro di aiuto al bambino maltrattato e alla famiglia in crisi – che da anni si occupa dell’accoglienza e della cura di minori vittime di maltrattamenti e abusi, con la quale abbiamo avuto modo di fare alcune riflessioni che vogliamo condividere con voi. Elisa l’ha incontrata e hanno parlato con lei di pedofilia e di cosa possiamo fare noi adulti per proteggere i bambini.
In Italia gli abusi sessuali sui minori sono molto più numerosi di quanto ci dicano le statistiche giudiziarie; ancora oggi molti casi non vengono denunciati restando nel sommerso.
Nell’immaginario generale si tende ad associare la figura del pedofilo a quella del mostro, dell’orco sconosciuto nascosto dietro l’albero, pronto ad approfittarsi dei bambini; nonostante non si possa negare che vi siano casi di violenze da parte di sconosciuti è importante però sottolineare che questo è un mito da sfatare, poiché il 70% degli abusi e dei maltrattamenti viene perpetrato da adulti appartenenti alla famiglia, vicini ad essa o comunque da persone conosciute.
Una precisazione fondamentale per convincersi che non esiste un pedofilo “tipo”, che talvolta, per paura dei pericoli in cui può incorrere, spingere il bambino alla diffidenza assoluta verso l’esterno potrebbe rivelarsi non funzionale alla protezione, perché il pericolo potrebbe provenire proprio dall’interno.
Ma è possibile prepararli a proteggersi.
I pedofili inizialmente si relazionano con i bambini in maniera normale, con modalità affettive che si trasformano poi in atteggiamenti seduttivi: cercano di compiacerli, di farli sentire importanti.
Da questo approccio affettivo alle minacce il passo è breve e la vittima si ritroverà in una situazione dalla quale si sentirà sopraffatta, senza via di uscita. Con il passare del tempo, infatti, il peso degli abusi sul bambino sarà sempre maggiore e il pedofilo, per cautelarsi, metterà in atto tutta una serie di strategie, come spingere il bambino a mantenere il segreto, a non confidare a nessuno quel rapporto “speciale”, prospettando conseguenze su di lui e sui suoi famigliari.
Un’altra strada è quella del senso di colpa, che spinge il bambino a credere di essere stato lui ad aver provocato il proprio carnefice o comunque di non aver opposto resistenza, di aver acconsentito; in ogni caso si tratta di situazioni caratterizzate da un’evidente disparità di potere su cui è facile fare leva.
Questa premessa ci porta a uno dei primi quesiti ai quali cerchiamo risposta:
come possiamo accorgerci che qualcosa non va? Quali sono i segnali di cui ci dobbiamo preoccupare?
Nessuno conosce un bambino meglio dei propri genitori e in questi casi l’istinto ha una forte rilevanza: se rispetto alla conoscenza che abbiamo del nostro bambino si assiste a cambiamenti significativi, improvvisi e inspiegabili, dovremmo allertare i sensi.
Ciò che non va mai dimenticato, è che l’aspetto straordinario nei bambini è che sanno parlarci, sia attraverso canali verbali che non; i bambini cercano, a modo loro e a seconda dell’età, di dirci delle cose, ma spesso siamo noi adulti che non sappiamo ascoltare e leggere tra le righe.
Questa difficoltà è ancora più forte per quanto riguarda la pedofilia, perché è così arduo non solo accettare, ma anche pensare, che qualcuno possa fare del male ai bambini.
Complessivamente, gli indicatori principali dell’abuso, i campanelli che dovrebbero metterci in allerta, si configurano in ampi ambiti:
• nelle malattie fisiche, (mal di pancia, di testa o altri dolori inspiegabili)
• nei disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi, bruschi e frequenti risvegli notturni)
• nei disturbi alimentari
• nei comportamenti regressivi e infantili
• nella condizione depressiva e ansiosa
• nelle crisi acute di pianto o di allontanamento dalla vita sociale
• nella riduzione dell’autostima o sfiducia verso l’adulto
Dal punto di vista emozionale, la vittima di violenza sessuale può mostrare:
• paura
• rabbia
• isolamento, solitudine e impotenza
• tristezza
• colpa
• vergogna
Ciò che non si deve dimenticare è che non è possibile stabilire una sintomatologia inequivocabile, valida per tutti, a causa delle differenze individuali e delle svariate modalità con cui le singole persone reagiscono a un evento traumatico, come l’abuso sessuale. Da ciò deriva che non bisogna partire da una singola frase o disegno, non è sufficiente un singolo indicatore; è solo la presenza di più segnali, la loro frequenza e la loro durata a fornire maggiore certezza e conferme riguardo alla portata del disagio: è fondamentale essere molto cauti nel “fare diagnosi”.
In ogni caso, la risposta soggettiva a tali eventi è condizionata da alcuni importanti fattori quali:
• l’età
• la tipologia di abuso
• la durata
• la personalità della vittima
• la presenza di pregressi disturbi psicologi
Nei casi più gravi, l’abuso sessuale può avere effetti devastanti, con conseguenze che possono protrarsi fino all’età adulta; interrompendo il naturale percorso di sviluppo, il rischio è quello di ritardi o dell’insuccesso nell’acquisizione di specifiche competenze a livello cognitivo, linguistico, emotivo e relazionale fondamentali per le capacità evolutive.
Di fronte a tutto ciò, che cosa possiamo fare? In che modo possiamo attivarci per prevenire questo fenomeno? Ne parleremo nel prossimo post, dove conosceremo più da vicino le modalità per insegnare ai nostri bambini a proteggersi.
Ulteriori Fonti:
http://www.prevenzionepedofilia.it/
Telefono Azzurro, Pedofilia: cos’è e come ci si può proteggere, 2012
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