Eccoci al secondo appuntamento del nostro percorso sull’educazione di genere. Oggi Annalisa Valsasina, psicologa e psicoterapeuta di Matrioska Group ci aiuterà a capire meglio quando nascono gli stereotipi di genere, come vengono trasmessi, ma soprattutto come influiscono sulle nostre aspettative…
“Ho sempre desiderato una figlia femmina: le bambine sono più tranquille e da grandi ti fanno compagnia”, pensa la mamma in attesa. Anche il papà è contento, non vede l’ora di riempire di coccole la nuova arrivata e di ricevere tutte le sue attenzioni. Se fosse maschio sarà contento il nonno, il primo nipote infatti continuerà la sua stirpe, si occuperà come lui degli affari di famiglia e potrà dire di avere una brava nuora, capace di dare alla luce figli maschi…
Quante volte abbiamo sentito i commenti e le preferenze di parenti, amici, conoscenti in attesa di un bambino rispetto al sesso del nascituro! Sin dai primi mesi di gravidanza infatti, o in alcuni casi anche prima, la coppia inizia a fantasticare sul bambino e sulle sue caratteristiche. In questo processo di immaginazione il fatto che sia maschio o sia femmina modifica in modo significativo le attese e le aspettative dei neogenitori e l’interpretazione e il significato che questi daranno ad alcuni comportamenti del bambino, sia prima sia dopo la nascita.
Perché accade questo? Perché ci aspettiamo, culturalmente e personalmente, che un maschio abbia determinate caratteristiche e una femmina altre, spesso a prescindere dalla singola individualità e dalla conoscenza del bambino reale. Per esempio, poiché si crede che i maschi siano più vivaci e più vitali rispetto alle femmine, i movimenti del feto nel grembo materno saranno interpretati in questa chiave e quindi notati in modo diverso. “Scalcia proprio come un maschietto” dirà la mamma di un bambino maschio. Se lo stesso comportamento appartiene invece ad una bambina, sarà descritto in modo differente – “È già una ballerina” – o non considerato, per dare rilevanza invece ad altri aspetti considerati più adeguati ad una femmina – “non si capisce mai bene cosa voglia fare”.
Il sesso del nascituro sarebbe addirittura in grado di modificare, secondo la tradizione, anche l’aspetto e l’andamento della gravidanza: il ventre a punta e una bella pelle indicherebbero per esempio la presenza di un maschio nel grembo materno, mentre il ventre allargato e un aspetto patito sarebbero segni di una femminuccia.
Tutto questo ci dice di come, ancora prima di nascere, il bambino si inserisca in una serie di fantasie, immagini, aspettative dei genitori e della società, molto potenti e attive, la maggior parte delle quali influenzate più dal sesso di appartenenza che dalle caratteristiche reali del bambino.
Del resto, diciamolo con franchezza, non avere aspettative e attese sul proprio figlio è davvero molto difficile: ogni genitore ha una sua storia personale e affettiva che vuole proseguire attraverso i propri figli. Ma se è forse impossibile non avere aspettative, è invece possibile e opportuno che queste siano rese consapevoli, in modo tale che il loro effetto, a volte davvero limitante la libera espressione del bambino, sia contenuto.
Ma quali sono le caratteristiche stereotipate che culturalmente sono attribuite al “maschile” e al “femminile” e che quindi anche noi come genitori rischiamo di attenderci nel comportamento dei nostri figli?
Per quanto riguarda le bambine, si crede generalmente che siano più affettuose (quindi i genitori si aspettano di essere più amati rispetto ai figli maschi), più grate (da cui l’aspettativa che sia la figlia ad accudire i genitori anziani), carine e un po’ civette, piacevoli e divertenti da vestire, disposte all’aiuto e al sostegno. Più in generale, al femminile si associano accoglienza, passività e dipendenza, morbidezza, calore, flessibilità, emozioni malinconiche, seduttività.
Al contrario il maschile si connota culturalmente come potere, razionalità e determinazione, ordine, attività e indipendenza, aggressività, emozioni eclatanti, forza fisica e morale. Dai bambini ci si aspetta che siano più vitali, “fisici”, aggressivi e determinati e meno sensibili e attenti al piano delle emozioni.
La nostra immagine di ciò che è femminile/maschile non deriva però solo da ciò che la cultura ci tramanda rispetto ai due sessi ma anche dai messaggi e gli esempi che le nostre figure di riferimento – in primis i genitori, ma anche gli insegnanti e altri adulti significativi – ci hanno trasferito nel nostro processo di crescita. Al livello sociale degli stereotipi, se ne aggiunge quindi anche uno individuale, del tutto specifico per ognuno di noi e nato dalla storia con i nostri genitori, i primi “maschi” e “femmine” con cui siamo entrati in contatto e che abbiamo osservato, imitato, interiorizzato, con i loro limiti e potenzialità. Apprendiamo quindi anche dai nostri genitori cosa significa, per quel padre e per quella madre, essere maschio o essere femmina e cosa è ben visto rispetto a ciò che non lo è. E a queste immagini ci conformeremo.
Cosa possiamo fare quindi come genitori?
Innanzitutto, ricordiamo una cosa importante: non esistono genitori perfetti, né messaggi “distorti” che non si possono recuperare. Riconoscere il modello che abbiamo ricevuto e le parti di noi messe “in ombra” – per esempio l’aggressività per le bambine o la sensibilità per i maschi – in funzione di come i nostri genitori e la società caratterizzano il maschile/femminile è senza dubbio il primo passo per recuperare le nostre potenzialità di uomini e di donne “a tutto tondo” e per offrire modelli nuovi e liberi ai nostri figli.
IN PRATICA
Prova a pensare a quando hai saputo di che sesso sarebbe stato il tuo bambino:
- Che immagine hai avuto?
- Quali fantasie e aspettative avevi o hai rispetto alle sue caratteristiche? Elencane almeno 5.
- Quanto queste caratteristiche rientrano nell’immagine stereotipata dei due sessi che la cultura ci propone?
- Come puoi ampliare l’immagine che hai del tuo bambino/a?
Hai mai pensato di tuo figlio, si vede che è maschio, o di tua figlia, si vede che è femmina?
- In che occasione?
- Cosa stavano facendo o dicendo?
- È una visione veritiera?
- Come puoi modificare questa visione in modo non stereotipato?
Elenca 5 aggettivi che associ al maschile e 5 aggettivi che associ al femminile:
- Quanto tendi ad attribuirli ai tuoi figli maschi/femmine?
- Sono realistici e veritieri (ovvero attribuibili solo a maschi o solo a femmine)?
di Annalisa Valsasina
www.matrioskagroup.it
Semplici esercizi che possono rivelarci molto. Vi va di provarci e raccontarci com’è andata?
photo credit: Ⅿeagan via photopincc
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