Metodo Reggio Children: dove i bambini sono protagonisti

Tutto il mondo ne parla, la rivista Newsweek lo ha definito uno dei 10 migliori metodi educativi esistenti e vip americani come Tom Cruise spendono anche 40.000 dollari per far frequentare ai figli scuole ispirate ai suoi principi, eppure proprio noi italiani lo conosciamo poco: è “l’approccio di Reggio Emilia” o meglio il “Metodo Reggio”, innovativo metodo didattico destinato a bambini della fascia 0-6 anni e ideato nel dopoguerra dal pedagogista Loris Malaguzzi.

Nei nidi e nelle scuole dell’infanzia reggiani, ancora oggi, arrivano continuamente delegazioni straniere che osservano e studiano il Reggio Approach per poi esportarlo, perché è originale e i risultati sono straordinari. In effetti, Malaguzzi si è fatto promotore di una vera rivoluzione, sfidando le tradizionali contrapposizioni studio/divertimento, teoria/pratica e realtà/fantasia, ma, soprattutto, stravolgendo i ruoli dell’educatore e del bambino.

È interessante, allora, scoprire qualcosa di più del Metodo Reggio Children.

Metodo Reggio Children: su cosa si basa?

Il bambino occupa una posizione centrale e la didattica (che potremmo definire quasi una “non didattica” fondata su un metodo che è più un “non metodo”) è volta a svilupparne le attitudini, attraverso percorsi basati su creatività, fantasia, intuito, curiosità, spontaneità e piacere. Malaguzzi sostiene che nulla possa essere appreso senza piacere.

Quali sono gli obiettivi?

La crescita armoniosa del bambino, la sua formazione come cittadino consapevole, capace di cooperare con gli altri e vivere la propria città anche rispettando l’ambiente. Non si vogliono fornire conoscenze, ma opportune condizioni di apprendimento. 

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Come considera i bambini?

I piccoli scolari sono soggetti attivi, sono ritenuti competenti ed è a loro che spettano iniziative e proposte. Le loro idee, esigenze e domande, perciò, sono ascoltate con infinito rispetto. Ogni bambino è un patrimonio di potenzialità da sollecitare e tirare fuori ed è unico, perché ha diversi tempi di sviluppo e crescita e possiede cento linguaggi e cento modi di pensare, esprimersi, capire e incontrarsi ed è compito della scuola – in armoniosa collaborazione coi genitori – valorizzare tutti questi linguaggi anche attraverso il gioco, l’arte, la musica e la cucina.  

Nel metodo Reggio Children qual è il ruolo degli educatori?

Non “salgono in cattedra”, ma scrutano e ascoltano attentamente il bambino, dandogli fiducia e fornendogli gli strumenti ed il contesto adatto a stimolare l’osservazione della realtà, a porsi domande, a trovare risposte e a realizzare progetti nati da idee ed interessi del bambino stesso. Gli educatori – soggetti a continua formazione e auto-formazione – collaborano coi bambini, i genitori e l’intera comunità e documentano processi, progressi e risultati per condividerli e renderli patrimonio comune. 

Come considera l’apprendimento?

Un divertente, interessante ed impegnativo processo auto-costruttivo, che si attua attraverso originali percorsi individuali e di gruppo che coinvolgono anche la sfera emozionale e relazionale. Il sapere, in tal modo, diventa interdisciplinare e non esiste la tradizionale divisione in materie. Ritenendo i bambini capaci di costruire conoscenze, non li si “riempie” di concetti e risposte, ma, anzi, si danno loro problemi da risolvere, li si stimola ad essere curiosi e ad apprendere, attraverso percorsi di scoperta del mondo, che prevedono anche esperimenti e progetti da realizzare. 

Qual è una delle sue particolarità?

È il bambino stesso, anche in gruppo, che durante l’assemblea di classe mattutina inventa e programma le attività da svolgere durante la giornata. 

Come sono strutturati gli istituti ispirati a tale metodo?

I diversi ambienti sono luminosi e comunicanti per favorire il gioco e la scoperta, le interazioni e le libere esplorazioni. L’architettura e lo spazio diventano strumenti pedagogici. Sono previsti atelier, in cui entrare in contatto con diversi materiali, sperimentare e svolgere attività che impegnino mani, pensiero ed emozioni.

Reggio Children: quali sono i pro?

Difficile trovare difetti a questo metodo. Genitori e bimbi che lo seguono sono entusiasti di vivere un’esperienza così importante non solo per il percorso scolastico, ma soprattutto di vita. Realizzare progetti nati dalla sua fantasia, inorgoglisce il bambino, dandogli grande soddisfazione. Si impara divertendosi e non ci si annoia, perché i concetti appresi non sono astratti, ma nati da esigenze pratiche o curiosità del bambino stesso. 

Quali sono i contro?

Alcuni pensano che le frequenti visite delle delegazioni estere potrebbero far sentire sotto esame i piccoli studenti, col risultato di imbarazzarli e inibirli. Altri ritengono che ci sono nozioni che vadano necessariamente insegnate e temono, inoltre, che un metodo così fuori dagli schemi possa far trovare un po’ spaesati e impreparati i bambini, al momento di passare ad una scuola più tradizionale, per esempio all’inizio della la scuola primaria.

Il bambino
è fatto di cento.
Il bambino ha
cento lingue
cento mani
cento pensieri
cento modi di pensare
di giocare e di parlare
cento sempre cento
modi di ascoltare
di stupire di amare
cento allegrie
per cantare e capire
cento mondi
da scoprire
cento mondi
da inventare
cento mondi
da sognare.
Il bambino ha
cento lingue
(e poi cento cento cento)
ma gliene rubano novantanove.
Gli dicono:
di pensare senza mani
di fare senza testa
di ascoltare e di non parlare
di capire senza allegrie
di amare e di stupirsi
solo a Pasqua e a Natale.
Gli dicono:
di scoprire il mondo che già c’è
e di cento
gliene rubano novantanove.
Gli dicono:
che il gioco e il lavoro
la realtà e la fantasia
la scienza e l’immaginazione
il cielo e la terra
la ragione e il sogno
sono cose
che non stanno insieme.
Gli dicono insomma
che il cento non c’è.
Il bambino dice:
invece il cento c’è.

(Invece il cento c’è, Loris Malaguzzi)

 

Per approfondire:

http://www.reggiochildren.it/
Oliverio Albertina, Oliverio Ferraris Anna, A piedi nudi nel verde, Giunti Editore, 2011
Edwards Carolyn, Gandini Lella, Forman George, I cento linguaggi dei bambini. L’approccio di Reggio Emilia all’educazione dell’infanzia, Junior 2010
Thornton Linda, Brunton Pat, Understanding the Reggio Approach, Routledge. 2009

photo credit: iStock.com/YanLev

 

Author

Laureata in Economia per inerzia e poi in Scienze della Formazione per passione, ora sono felicemente educatrice e mediatrice familiare (e ancora manager, ma solo per se stessa!). Adoro giocare con mia figlia, ma non mi sentirei completa senza il mio lavoro così, da brava – per modo di dire! - MammAcrobata, provo a conciliare tutto, a costo di star sveglia fino a tarda notte. Da anni, collaboro con diverse Associazioni che difendono i diritti dei minori e sostengono famiglie che vivono situazioni di disagio o sofferenza. Sono socia di un'Associazione, in cui mi occupo di formazione ed essendo appassionata di comunicazione e scrittura, sono anche scrittrice, blogger e web writer.

2 Comments

  1. maria vittoria

    mi piace io vorrei fare laboratori nelle scuole di arteterapia ma incentrati sul gioco studio scienze formazione a bologna

  2. mariagrazia

    ho qualche perplessità sulla verifica delle competenze acquisite in relazione all’impostazione metodologica delle elementari.