Giovani e impreparati. Questo è il quadro che emerge da una recente indagine sulla sessualità degli adolescenti condotta per Paidòss, l’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza.

Secondo lo studio infatti, i ragazzi e le ragazze sperimentano il primo rapporto sessuale molto presto, già intorno ai 14 anni, ma il dato più preoccupante è che la maggior parte di loro non conosce i rischi che possono derivare da rapporti non protetti, come le gravidanze precoci e il contagio dalle malattie sessualmente trasmissibili, che sono più diffuse di quanto si pensi.

“Ma perché, la pillola non protegge anche dall’HIV?”, “Ma và, io non prendo nessuna malattia, io vado con le ragazze pulite”, “ Ma sì, alla fine basta guardarla in faccia una ragazza, si vede se ha qualcosa”.

Queste sono solo alcune delle frasi che ho sentito dai ragazzi nell’ambito di un progetto di prevenzione dell’HIV di cui mi sono occupata per diversi anni. Frasi che confermano i dati della ricerca, frasi che devono richiamare la nostra attenzione sui pregiudizi e i falsi miti che accompagnano la sessualità dei più giovani, stereotipi che vanno eliminati perché pericolosi, troppo.

Parlare di sesso con i propri figli per molti non è facile,è innegabile. Già solo il fatto di accettare che il proprio “bambino o bambina” sia cresciuto e sia sessualmente attivo non è cosa da poco. Ma per proteggerli è importante superare l’imbarazzo e rompere i tabù, per educarli ad una sessualità  consapevole. Occorre una maggior sensibilizzazione in famiglia, così come a scuola.

Ed è proprio la scuola che si può rivelare il luogo più adatto per parlare di questi temi, il luogo in cui i ragazzi passano la maggior parte del loro tempo, in cui si incontrano, stanno insieme e spesso, si innamorano.

Recentemente, in occasione della Mi Generation Camp, il Forum delle Politiche Giovanili promosso dal Comune di Milano, abbiamo partecipato a un interessante incontro a cura dell’Associazione Contorno Viola di Verbania.

Abbiamo avuto modo di conoscere i progetti di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili svolti all’interno delle scuole superiori, che si basano su un metodo educativo molto efficace, la peer education.

Alla lettera “educazione tra pari”, si tratta di una strategia d’intervento in cui il passaggio delle informazioni avviene tra pari, cioè tra persone simili tra loro, spesso per età. Ragazzi e ragazze che, dopo un percorso di formazione, incontrano i coetanei per parlare di temi di cui spesso si fa fatica a parlare con gli adulti, proprio come il sesso.

Un approccio molto utile perché sentendosi sullo stesso piano i ragazzi e le ragazze possono avere meno timori ad aprirsi, condividere le proprie storie, chiedere informazioni e chiarire dubbi, superando l’imbarazzo.

Sappiamo quanto durante la fase dell’adolescenza il gruppo di pari sia importante e, attraverso questa metodologia, può trasformarsi in uno vero e proprio “strumento” in ottica di prevenzione, necessaria per non incorrere in pericoli che possono e devono essere evitati.

Voi cosa ne pensate di questo metodo? Vorreste che venisse usato anche nelle scuole dei vostri figli?

 

photo credit: london via photopin cc

Author

Acrobata per vocazione, una laurea in Lingue e Comunicazione, da oltre 10 anni mi divido tra le mie due grandi passioni: educazione e comunicazione, convinta che le due cose insieme possano fare la differenza. Da sempre in prima linea accanto ai bambini, agli adolescenti, alle mamme e ai papà, a scuola e in famiglia, ho lavorato e lavoro per diverse realtà del terzo settore occupandomi di diritti dei minori, cittadinanza attiva, intercultura, disabilità e fragilità sociale con l’obiettivo di contribuire a diffondere una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza. Il mio sogno? Mettere al servizio dei genitori le mie competenze e professionalità, per supportarli nel loro ruolo educativo.