O che le cose hanno preso una direzione.
A quel punto ho scritto molto meno e poi più nulla a riguardo…
Siamo incredibilmente capaci di ambientarci nel posto in cui viviamo e di riorganizzare la nostra vita facendo fronte alle novità e alle difficoltà che incontriamo.
Per ogni cosa che “perdiamo” capiamo che ne esiste un’altra che “guadagniamo” e dopo un lungo periodo a pensare alla prima sento, adesso, di essere più orientata alla seconda.
Ho detto orientata perché tra il “che figata andiamo a Cambridge!” e “oddio abbiamo stravolto le nostre vite” é un attimo ed é un attimo anche avere nostalgia della nostra vita (altrettanto bella) a Milano.
Perché? Perché nonostante tutte le cose bellissime e uniche che questa nuova vita ci sta offrendo, crearsi una nuova “rete” in un paese che non é il proprio e dove si parla una lingua diversa (cosa che genera un senso di frustrazione notevole) é un’esperienza oggettivamente tosta e ogni tanto il pensiero che le persone più importanti della mia vita adesso siano divise tra tre città diverse, fa male.
E ci vuole tempo. Parecchio.
E mi rendo conto solo adesso di quanto siamo stati coraggiosi e, forse, vagamente incoscienti, nel vero senso della parola. Non si può avere la piena coscienza di alcune situazioni senza esserci dentro.
Noi ci siamo tuffati tutti insieme e questo elemento del “viaggio” resta, a mio avviso, il più faticoso ed emozionante di tutti. Non solo di questa avventura ma anche del nostro essere genitori: da quando nascono i figli, li si osserva con lo sguardo di chi, in un modo o nell’altro, ha già compiuto quella tappa che loro, invece, scoprono per la prima volta. Schiena dritta, a gattoni, camminare e poi correre, parlare, guardare il mondo. In questo caso é diverso ed é quasi come se fossimo tutti alla pari, siamo nati un’altra volta ma tutti e quattro (e per quanto riguarda me, penso di essere alla terza vita).
“Affacciarsi” a questa esperienza nello stesso momento ha determinato sicuramente un impatto molto forte che sta però trovando una dimensione più equilibrata e divertente nella quale, ogni sera, ci si ritrova con i rispettivi racconti.
Mi piace fare cose che non ho mai fatto in 36 anni come andare in bici sotto la pioggia (ma anche sotto il sole e contro vento… sì insomma, non avere un’auto) e pedalare da una parte all’altra della città con la musica nelle orecchie e accorgersi che quella salita ripida che separa casa mia dal centro della città, non é così ripida come mi sembrava all’inizio o forse sono le mie gambe ad essere più allenate.
Mi piace chiacchierare e ridere con la mia nuova amica (siciliana) e sapere che lei vede un pò di sé stessa in me, quattro anni fa, e che io vedo un po’ di me in lei, tra quattro anni.
E questo periodo, così intenso di sensazioni diverse e cangianti, lo ricorderò sempre attraverso le canzoni che sono diventate ormai la nostra colonna sonora…
“E lo sguardo di tigre nel viso tornerà
Come l’aquila mi sosterrà
Perché non c’è niente di impossibile
Nessun limite alla libertà
Siamo figli del vento
Tempesta immobile
La mia anima mi troverà
Oltre il confine di tutto quel che non so”
(Figli del vento – R. Gualazzi)
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