“Nell’arco di una settimana le donne italiane dedicano in media 3,3 ore al giorno al lavoro retribuito5,3 ore al lavoro domestico, cioè 3,5 ore in più rispetto a quelle impiegate dagli uomini nelle faccende di casa.

In Italia le condizioni di impiego sono ancora influenzate dal genere, con un  tasso di occupazione femminile che è inferiore a quello maschile e alla media europea, con stipendi e livelli di carriera più bassi di quelli degli uomini.

Nel nostro Paese la nascita di un figlio si traduce in una diminuzione del lavoro retribuito,  con oltre un quarto di donne che abbandona il lavoro dopo la maternità,  da cui deriva un’inevitabile esclusione economica, oggi in forte aumento, con oltre 1 milione di mamme che vive al di sotto della soglia di povertà.”

Questo è il quadro preoccupante che emerge da La Carta dei Diritti della Mamma, il rapporto elaborato da WeWorld con il fine di raccontare la condizione femminile in Italia e nel mondo e quali sono i diritti delle mamme che ancora oggi necessitano di essere tutelati, con particolare attenzione a 5 ambiti: lavoro, politica, educazione, salute e libertà.

Ed è proprio sul primo, quello del lavoro, su cui vorrei soffermarmi .

Come sottolineato dal rapporto, noi donne siamo chiamate a confrontarci quotidianamente con una società in costante trasformazione, ma che continua a delegare a noi la maggior parte delle incombenze familiari e della cura dei figli, ostacolando spesso “una legittimazione dei propri diritti di donna”.

Mamme sì, ma anche donne!

Mamme sì, ma anche donne ed è proprio da questo che bisogna partire per promuovere azioni che portino questo stato di fatto a cambiare, per ricordarci che siamo individui prima ancora di essere madri, cosa vogliamo e come raggiungere i nostri obiettivi.

Basta parlare con i bambini per capire quanto ancora oggi il concetto di madre sia “totalizzante rispetto  a quello di donna” e i dati raccolti da WeWorld ne sono la conferma. Sia le bambine sia i bambini coinvolti nel progetto che ha portato alla realizzazione de La Carta dei Diritti delle Mamme, infatti, “faticano a riconoscere nella mamma una figura di donna, con desideri e diritti propri”.

Questo secondo me, è un dato che deve farci riflettere sul modello che offriamo ai bambini, maschi o femmine che siano. Un modello che rischiamo di trasmettere loro, “normalizzando” il fatto che siano le donne a dover sacrificare più spesso il proprio tempo, il proprio lavoro e a volte i propri sogni.

Qualcuno potrebbe obiettare che decidere di costruire una famiglia comporti necessariamente dei sacrifici. D’accordissimo. Ma una famiglia è composta da una mamma e da un papà, che hanno scelto insieme di diventare genitori e di condividere quindi oneri e onori di questa avventura.

Spesso poi, sembriamo dimenticarci di un altro fattore evidenziato dal rapporto: il lavoro non è solo quello che produce reddito: cucinare, fare le pulizie, prendersi curo dei bambini e degli anziani implica tempo ed energia. Il lavoro domestico e di cura che nel mondo è svolto principalmente da donne e ragazze,  è lavoro a tutti gli effetti, ma non è percepito come tale e il suo valore economico non viene riconosciuto dagli Stati.”

Cosa serve, quindi, per riappropriarci della nostra dimensione di donne e poter finalmente parlare di pari opportunità?

Favorire percorsi di empowerment culturale ed economico e di garanzia di diritti per le donne, uno degli obiettivi principali di WeWorld, ma anche ripensare il welfare in un’ottica maggiormente inclusiva, attraverso:

  • potenziamento e flessibilità dei servizi pubblici all’infanzia;
  • diffusione di strumenti di conciliazione in un’ottica di condivisione tra uomini e donne;
  • introduzione di quote di congedo obbligatorio separato per madri e padri;
  • premi (fiscali, bonus) alle famiglie che bilanciano tra i sessi i tempi di cura della famiglia;
  • riduzione dell’orario lavorativo dei genitori senza penalizzazioni salariali negli anni che seguono la nascita dei figli;
  • promozione di luoghi di lavoro child-friendly (nidi aziendali, spazi per l’allattamento);
  • eliminazione del divario salariale di genere, inserendo sanzioni e aggravi fiscali dove continuano a persistere tali divari;
  • adeguamento degli orari scolastici e orari di lavoro dei genitori;
  • programmi di reinserimento lavorativo delle donne che escono dal mondo del lavoro in seguito alla nascita dei figli (programmi di tutoraggio, formazione);
  • introduzione di congedi adeguatamente retribuiti e diritto al ritorno al posto di lavoro per le donne che interrompono temporaneamente la carriera;
  • percorsi di sensibilizzazione e formazione nelle scuole  sugli stereotipi di genere che ancora attribuiscono alla donna il peso dei lavori di cura e domestici;
  • promozione di modelli maschili positivi campioni dell’uguaglianza di genere;
  • creazione di strumenti per vigilare che vi sia una corretta applicazione delle legislazioni contro la discriminazione.

Queste le azioni proposte dal rapporto, azioni concrete in grado di fare  la differenza e soprattutto di mettere le donne (ma anche gli uomini) nella condizione di poter scegliere. Scegliere quello che è più giusto per la propria famiglia, quello che meglio risponde ai  bisogni, quello che permette di vivere la genitorialità a pieno senza rinunciare a se stessi.

Perché se non abbiamo alternative valide, “scelta” rimane solo una bella parola sulla carta che mai si tradurrà nel cambiamento a cui tutti, figli per primi, hanno diritto.

E a voi? Vengono in mente altre soluzioni affinché questa scelta diventi realtà?

Fonti: WeWorld, La Carta dei diritti della Mamma

photo credit: Love To Swaddle Up – Gray – Lifestyle Shot #1 via photopin (license)

Author

Acrobata per vocazione, una laurea in Lingue e Comunicazione, da oltre 10 anni mi divido tra le mie due grandi passioni: educazione e comunicazione, convinta che le due cose insieme possano fare la differenza. Da sempre in prima linea accanto ai bambini, agli adolescenti, alle mamme e ai papà, a scuola e in famiglia, ho lavorato e lavoro per diverse realtà del terzo settore occupandomi di diritti dei minori, cittadinanza attiva, intercultura, disabilità e fragilità sociale con l’obiettivo di contribuire a diffondere una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza. Il mio sogno? Mettere al servizio dei genitori le mie competenze e professionalità, per supportarli nel loro ruolo educativo.

3 Comments

  1. valentina

    La prima frase è incomprensibile. Nessuno ha un contratto da 3,3 ore settimanali, o da 15 ore al mese… Cosa volevi scrivere davvero, ELISA CAPUANO?

    • Elisa Capuano

      Ciao Valentina, i numeri che ho riportato sono i dati pubblicati all’interno della “Carta dei diritti della mamma” (se ti interessa il tema, è davvero un bel rapporto!). Il documento parla di ore in media, quindi ne deduco che per quanto riguarda il lavoro retribuito si faccia una media tra le donne occupate e le non occupate Grazie di essere passata di qui 🙂

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