Come tutti ho seguito con ansia e angoscia la vicenda del piccolo Loris e della sua famiglia. Non riesco a trovare parole per esprimere tutti i sentimenti che sono girati nella mia mente.
Mi ha aiutato molto a riflettere quanto ha scritto Padre Giuseppe Bettoni – fondatore di Archè, una organizzazione che si prende cura proprio delle donne in difficoltà – in questo articolo.
Dico subito che tutto il mio amore di mamma e nonna va a Loris, un piccolo innocente bambino che ha dovuto affrontare, da subito nella sua breve vita, problemi grandi e addirittura andare incontro ad una morte violenta.
Padre Giuseppe dice:
“Ho letto la storia di questa madre, ho letto della sua infanzia e delle sue vicende di vita… e non ho potuto non pensare che, come tante mamme che ci sono passate, anche lei avrebbe potuto essere aiutata ad accettare la sua vita e le sue tensioni e contraddizioni, ma anche a recuperare la sua capacità genitoriale. Donne spesso lasciate sole, confuse che hanno bisogno di un aiuto per ricostruire pezzo dopo pezzo loro stesse, per prime, e poi la relazione con il loro bambino”.
E qui Padre Giuseppe affronta il vero problema: un invito prima di tutto a “tutte quelle giovani mamme che si sentono sole nell’affrontare una vita complessa e dura “ a chiedere aiuto.
Il primo passo è riconoscere di avere un problema e il secondo è quello di trovare chi può aiutarti ad affrontarlo e magari a risolverlo.
Mai bisogna avere paura o vergogna a rivolgersi a chi ci sta vicino per dire semplicemente “AIUTAMI!”.
Altrettanto importante è l’attenzione che deve porre chi vive attorno a queste mamme. Padre Giuseppe lancia anche un appello a loro:
“non potete non aver sentito il grido di aiuto di questa mamma. Ve l’avrà detto in mille modi, ma forse eravate troppo distratti, o non avreste mai pensato che sarebbe potuto accadere qualcosa di simile. L’amicizia è portare insieme il peso della fatica, dell’umiliazione…”
È una cosa che mi causa un’ansia incredibile: e se qualcuno intorno a me avesse problemi grandi e io non fossi in grado di accorgermene? Cerco di essere attenta a quello che vedo e sento e prego non debba mai capitarmi di dover riconoscere “non me ne sono accorta!”.
E poi, ultima cosa e veramente dolorosa, è la presa di posizione del “popolo giudicante”.
Tutta quella gente che si sente in diritto di giudicare, addirittura di condannare.
Persone che “non vedono l’ora di umiliarti per sentirsi superiori. Credono che la fragilità sia debolezza, sia sconfitta. No, la fragilità e la debolezza sono di tutti” – dice padre Giuseppe.
Non arroghiamoci il diritto di giudicare (ce lo ha detto anche Papa Francesco)! Possiamo giudicare e condannare il male, ma non le persone.
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