Più di una volta mi è capitato di sentire madri allarmate chiedere se esistesse una “cura” contro la timidezza, ma voglio subito sottolineare che, al di fuori di casi patologici per fortuna rari… LA TIMIDEZZA NON E’ UNA MALATTIA!
Il problema è che viviamo in una società che esalta valori che spesso valori non sono e che si basa molto sull’apparenza ed è per questo che chi è più riflessivo, sensibile, riservato, rispettoso e tranquillo viene talvolta considerato in modo negativo, trovandosi ad essere penalizzato a causa del proprio modo di essere.
Bambini timidi: qualche consiglio ai genitori
Ci sono genitori che quasi si vergognano di avere un bambino non molto socievole e che non ama mettersi in mostra, facendo sembrare la timidezza quasi un errore o un difetto. È fondamentale, invece, che il bambino timido non si senta mai giudicato, che non si senta in colpa né si vergogni per ciò che prova.
Deve sentirsi amato e apprezzato per come è
Sapere che i suoi genitori lo considerano speciale e non pensano che abbia “qualcosa che non va”. Bisogna stargli vicino, con discrezione e amore, senza forzare in lui comportamenti che non gli sono naturali, né minimizzare i suoi timori, ma agevolando in lui lo sviluppo dell’autonomia e dell’autostima, rispettando sempre la sua indole e i suoi tempi.
A volte, l’atteggiamento del timido può essere scambiato per presunzione o distacco e destare antipatie, ma potrebbe anche trattarsi solo di difficoltà a “rompere il ghiaccio” e – dopo che il bambino si sente “accettato”- allora potrebbe non avere problemi a relazionarsi con gli altri, dimostrandosi simpatico e perfino espansivo.
È importante considerare, ad ogni modo, che una situazione può essere vissuta dal bambino in modo diverso rispetto a quanto viene percepito dall’adulto. Magari il bambino vive serenamente il suo modo di essere, preferisce avere pochi amici fidati e non grandi comitive.
Il dialogo è importantissimo
Il dialogo, dunque, è fondamentale per capire quali sono le reali difficoltà percepite e poterlo davvero aiutare, anche perché già solo l’esternare e condividere un problema è un buon inizio per risolverlo. La situazione è un po’ più complicata, però, quando anche il genitore di un bambino timido è stato o è ancora timido. In tal caso l’adulto rivive le proprie ansie e le proprie difficoltà osservando il figlio relazionarsi agli altri e, talvolta, si sente anche in colpa, perché non sa come aiutarlo a “sconfiggere” questa sorta di eredità.
Racconta una mamma:
“So quanto mia figlia sia studiosa e diligente e a casa la vedo dedicare interi pomeriggi allo studio. Al colloquio con gli insegnati sono, dunque, andata sicura di ricevere solo lodi per la mia bambina e invece… Sono rimasta molto sorpresa di sentirmi dire che in aula la sua partecipazione e anche la sua interazione con i compagni sono scarse e che, soprattutto all’orale, non riesca a rendere bene ciò che sa. Io sono certa del suo impegno e mi rattrista pensare che il suo essere timida e chiusa la penalizzi così tanto! Io da piccola ero timidissima e arrossivo se solo il professore mi rivolgeva la parola! Mi sembra di rivivere l’angoscia che provavo ad ogni interrogazione!”
Sono comprensibili la rabbia e il dispiacere dei genitori, che si rendono conto che il proprio bambino potrebbe dare molto agli altri, ma non riesce a farlo, perché bloccato dalla timidezza.
Timidezza nei bambini: come possiamo aiutarli?
Prima di tutto accettandolo veramente per come è, senza volerlo cambiare e aiutandolo anche ad accettarsi con i suoi pregi e i suoi difetti. Accettarlo significa rispettare anche la sua personalità e dargli spazio e modo di esprimersi e trovare il proprio posto e il proprio ruolo in famiglia, così come fuori casa. È anche importante non affibbiargli l’etichetta di “timido” (quasi come se fosse malato), soprattutto in sua presenza.
Venendo alla pratica, se, per esempio, ci si accorge dell’ansia che il bambino prova di fronte alle novità, lo si può preparare prima, descrivendogli con entusiasmo chi e cosa dovrà “affrontare” e cercando di suscitare in lui interesse e curiosità.
Può anche essere d’aiuto far in modo che siano gli altri bambini ad avvicinarsi a lui, in modo da superare il problema della paura del non essere accettati, facendo attenzione che sia sempre tutto molto naturale, per non creare comunque stress o ansie, né farlo sentire “non all’altezza” e, perciò, bisognoso dell’aiuto di un adulto. Non va mai sottovalutata, inoltre, l’importanza della collaborazione con la scuola. Anche se, ovviamente, non si deve pretendere per il figlio un trattamento di favore che non gli sarebbe neppure d’aiuto, è opportuno parlare con gli insegnanti dei possibili problemi e delle difficoltà incontrate dal proprio figlio, perché sia più facile trovare il giusto modo per far emergere la personalità del bambino anche in classe, cercando di aiutarlo a interagire e a superare eventuali disagi, silenzi o imbarazzi.
È utile anche dare il buon esempio e mostrare i vantaggi della socializzazione, magari invitando a casa un paio di mamme con i loro bambini. A casa sua, tra le sue cose, accanto ai suoi cari e in compagnia di piccoli gruppi di persone, il bambino timido è più sicuro di sé e, quindi, anche più a suo agio. Perfino far chiedere il conto al ristorante, dargli il buon esempio salutando e scambiando due parole con la vicina di casa o fargli fare la spesa possono essere dei piccoli esercizi che favoriscono lo sviluppo delle abilità sociali.
Una funzione per così dire “catartica” può essere anche assunta da libri o giochi in cui coinvolgere il proprio bambino.
Assecondando le sue preferenze e le sue inclinazioni, si potrebbe anche suggerire – con entusiasmo e non come se fosse una medicina per guarire da una malattia – una delle seguenti attività:
1) attività artistica (pittura, disegno, argilla ecc…): l’arte può facilitare l’esternazione di sentimenti ed emozioni che, a volte, la timidezza può bloccare;
2) laboratori di drammatizzazione: sono molto utili anche per l’acquisizione di competenze linguistiche che rendono più sicuri di sé i bambini nell’espressione e nella comunicazione, oltre ad incentivare l’interazione con altri bambini e l’espressione di sé;
3) pet therapy: gli animali si sono dimostrati ottimi terapeuti, perché aiutano a socializzare e infondono sicurezza;
4) lo sport (preferibilmente di squadra e non troppo competitivo): una situazione vissuta comunque come ludica può offrire al bambino la possibilità di imparare ad apprezzare il far parte di un gruppo, imparare a fidarsi dei suoi compagni e gioire della fiducia che i suoi compagni ripongono in lui, imparando a confrontarsi con gli altri e ad esprimersi attraverso il proprio corpo.
Va precisato che, comunque, la timidezza può anche essere legata ad una fase della crescita e scomparire poi con l’età. Il bambino deve imparare a gestirla, senza esserne sopraffatto e, potrebbe essere semplicemente una questione di tempo e maturità.
Piuttosto che concentrarsi sui “limiti” del bambino o volerne modificare la natura, comunque, bisogna dargli fiducia e concentrarsi sulle potenzialità, le doti e le abilità, che sono nascoste dentro di lui e hanno solo bisogno di essere aiutate a venir fuori.
Fonti:
Grimaldi Pietro, A quale timidezza appartieni? Comprendere e prevenire le varie forme di ansia sociale, Franco Angeli, 2008.
Markway Barbara G.,e Markway Gregory P., Vincere l’ansia e la timidezza, Edizioni Mediterranee, 2006.
www.clinicadellatimidezza.it
photo credit: 123rf
Articolo pubblicato a Febbraio 2012 / Aggiornato a Settembre 2019
7 Comments
grazie per questo articolo…la mia Trottolina è la “a-tipica” bimba di 2 anni e mezzo educata, rispettosa, composta, che chiede per piacere e dice grazie, che entrando in una casa chiede permesso e che tranquilla gioca nel suo angolo giochi senza disturbare nessuno, non ha mai fatto scenate del tipo buttarsi per terra o gridare per un capriccio al supermercato, quando è stata ricoverata per disidratazione non ha versato una lacrima quando le hanno messo la flebo ma mi ha guardata con la faccia sconsolata e mi ha detto “”poi guarisco mamma vero?””, e una di quelle bambine che a casa fa discorsi elaborati con il suo orsetto preferito e in giro non dice una parola, quella che quando si va al parco evita tutti i bambini che corrono e saltano come cavallette…definirla timida? non so…io credo in lei e non l’ho mai definita timida…credo che lei sia semplicemente una bambina riflessiva e prudente e che sa microfiltrare il mondo che la circonda…spesso mi hanno fatto sentire fuori luogo al parco definendo la mia bambina particolare e poco socievole, ma ho imparato a non badarci più…io la vedo crescere sana e bella comunque anche senza lacrime capricciose e ginocchia sbucciate…e poi crscendo quello che verrà verrà perciò grazie per questo articolo.
[quote name=”mammacuore”]grazie per questo articolo…la mia Trottolina è la “a-tipica” bimba di 2 anni e mezzo educata, rispettosa, composta, che chiede per piacere e dice grazie, che entrando in una casa chiede permesso e che tranquilla gioca nel suo angolo giochi senza disturbare nessuno, non ha mai fatto scenate del tipo buttarsi per terra o gridare per un capriccio al supermercato, quando è stata ricoverata per disidratazione non ha versato una lacrima quando le hanno messo la flebo ma mi ha guardata con la faccia sconsolata e mi ha detto “”poi guarisco mamma vero?””, e una di quelle bambine che a casa fa discorsi elaborati con il suo orsetto preferito e in giro non dice una parola, quella che quando si va al parco evita tutti i bambini che corrono e saltano come cavallette…definirla timida? non so…io credo in lei e non l’ho mai definita timida…credo che lei sia semplicemente una bambina riflessiva e prudente e che sa microfiltrare il mondo che la circonda…spesso mi hanno fatto sentire fuori luogo al parco definendo la mia bambina particolare e poco socievole, ma ho imparato a non badarci più…io la vedo crescere sana e bella comunque anche senza lacrime capricciose e ginocchia sbucciate…e poi crscendo quello che verrà verrà perciò grazie per questo articolo.[/quote]
Grazie a te
Mio figlio ora ha quasi 15 anni ma non ha ancora superato quegli ostacoli di cui si parla nell’articolo. E’ sempre stato bravo a scuola ma le maestre lo hanno sempre etichettato come poco socievole e comunicativo, quasi fosse una colpa sua o di noi genitori. Da piccolo ha sofferto di dermatite atopica, la prima cosa che mi disse il dermatogo fu che sarebbe stato un bambino molto timido cosa che poi si è verificata. Tra l’altro non manifesta i suoi stati d’animo. Non è mai stato particolarmente affettuoso, diciamo che non manifesta affatto i suoi sentimenti. Adesso poi che si trova nella fase adolescenziale trovo ancora più difficoltà a comunicare con lui. Spesso mi colpevolizzo come madre pensando di non aver fatto abbastanza per lui. Di sport non ne vuole sapere, ha fatto calcio per diversi anni, negli ultimi tempi non voleva prendere parte alle partite perchè gli mettevano ansia. Ho provato col corso di chitarra, ha voluto smettere. Adesso vorrei convincerlo a frequentare uno dei corsi extracurriculari del liceo ma non c’è verso. Devo rivolgermi a uno psicologo o semplicemente devo lasciarlo in pace?
provo a risponderle passo passo con la solita doverosa premessa che è difficile e non possibile poter dare pareri “sensati” senza conoscere direttamente le persone in oggetto.
Non sono a conoscenza di studi scientifici che correlino dermatite atopica e timidezza. Comunque sia questa sembra essere diventata una “profezia che si “autoavvera”, nel senso che fin da piccolissimo in qualche modo aspettavate di vedere cosa sarebbe successo e i timori in qualche modo han poi preso forma. C’è poi stato un secondo “etichettamento” dato dalle maestre (davano anche indicazioni meno giudicanti e più costruttive?).
Da dietro uno schermo non posso sapere da dove traggano origine la poca propensione alla comunicazione, il non essere affettuoso (coi con lui lo eravate?). certo in adolescenza ci sono anche i tratti tipici di questa delicata fase…
In tutto ciò lui come sta? la “timidezza” è un problema per voi o per lui? Era un bambino che stava bene da solo o soffriva dell’essere isolato? Era stato lui a desiderare di giocare a calcio? Mi colpisce la frase “HO provato col corso di chitarra”. Perchè convincerlo per forza a frequentare altri corsi? Forse una consultazione con un collega potrebbe rivelarsi utile a rispondere ad un po’ di domande, a capire cosa sia successo o cosa stia succedendo e cercare di far star meglio sia il ragazzo che voi, da troppo tempo in lotta con i dubbi. Penso che come mamma abbia provato a fare tutto ciò che poteva, quindi niente sensi di colpa! Però magari vale davvero la pena di capirne di più e farvi dare una mano
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Salve a tutti, vorrei chiedere chiarimenti sul comportamento di mia figlia. ha quasi 5 anni ed è una bambina socevolissima, interagisce con i suoi amichetti fa sport, ma quando si tratta di salutare, soprattuto persone che non conosce non lo fa. Mi dice che si vergogna. E ci rimane male se (soprattutto i nonni) le sottolineano che non saluta perchè si vergogna. la mia domanda è questa: è giusto sottolineare questo suo comportamento o bisogna solo spronarla a salutare.. senza fare commenti?
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