Una volta era mia mamma…
Proprio così: la famosa ruota della vita ha compiuto il suo giro quasi completo. Mia mamma è diventata mia figlia.
Lei ha 95 anni, sta bene di salute (per quel tanto che gli acciacchi dell’età glielo permettono), vive nella sua casa assieme a una badante (che naturalmente non sopporta).
Da un mese e ancora per un altro mese è in casa mia (causa assenza della badante) e quindi tocca a me accudirla.
Un luogo comune (“odio i luoghi comuni”!) dice che quando si invecchia si torna bambini.
Non è vero!
Si ha bisogno di aiuto per qualsiasi cosa, si fanno i capricci, non si ha voglia di fare niente, ci si lamenta… ma si rimane adulti. Con tutta l’autorità che l’età conferisce!
Quindi cosa può fare una figlia che, diciamolo chiaramente, non è più una ragazzina e un po’ di stanchezza la sente pure lei, a cercare di rendere un po’ meno tristi le giornate di una novantacinquenne?
Per un po’ si impegna fino allo spasmo:
- mamma usciamo
- mamma giochiamo a carte
- mamma aiutami a cucinare
- mamma leggi un po’ il giornale
- mamma siediti sul balcone
La risposta è risolutamente NO!
- non me la sento
- fa freddo
- fa caldo
- il tempo è incerto
- non ci vedo bene
E così via, mille scuse per rifugiarsi nel letto e cercare di dormire, per non “vedere” quanto tristi sono le giornate.
Ragazze non è facile né per lei (soprattutto) né per me. Ci metto impegno, buona volontà, fantasia ma non riesco mai a smuoverla.
E allora mi arrendo, però mi sento tanto tanto in colpa perché mi sembra di non capirla abbastanza, di non essere sufficientemente partecipe ai suoi problemi.
Mi sento nello stesso tempo esclusa dai suoi pensieri. Vorrei che lei mi parlasse, mi dicesse come si sente, cosa prova, cosa vorrebbe.
E pensare che ci vogliamo un gran bene ma non sappiamo aiutarci.
Consigli?
photo credit: NYC & Delaware | July 2013 via photopin (license)
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