Mi chiedo che senso abbia separare un bambino dalla sua mamma.
Notizia nazionale, rimbalzata su ogni telegiornale, racconta di una donna, in carcere per grave reato, che ha partorito il suo bambino, concepito con il complice anch’esso detenuto.
Hanno deciso di allontanarli subito dopo il parto, privandoli di quel calore rigenerante che solo due corpi, quello di madre e figlio, possono creare e guarire.
Mi chiedo perché non si scelga di farli crescere insieme, in una struttura idonea per entrambi, aiutandoli a trovare un percorso sereno, favorendo l’allattamento al seno e la speranza di recupero.
Se pensiamo che l’essere umano possa cambiare, non è ammissibile aggiungere al carcere fisico il carcere mentale, aggiungere altre mille pareti alle quattro di una cella.
Già… perché quando ti levano un figlio dalle mani ti catapultano nei recinti del nulla esistenziale.
Mi chiedo come si possa pensare alla pena come percorso di guarigione e al reinserimento nella società se la stessa società ti spegne il cervello, privandolo delle funzioni base naturali.
Quali sono questi istinti funzionali? Produrre ossitocina ad esempio, l’ormone della felicità, quello che genera il latte.
Pensare a questa ragazza sola sgocciolante, a questo bambino solo, senza quella voce e quei ritmi che l’hanno dondolato per nove mesi circa, mentre muove la bocca alla ricerca dei seni.
Perché non aiutarla ad occuparsi di suo figlio, perché.
Perchè fermare una possibilità, una speranza?
Sono pensieri miei, di una mamma senza titoli e sottotitoli.
La mamma malevola esiste o non esiste se non dopo l’azione o non azione cattiva? Cosa si sta impedendo? L’azione cattiva concettuale?
Non lo so, sarebbe bello trovare soluzioni alternative che uniscano due vite fragili.
Una comunità, una casa-famiglia, un riferimento di normalità.
Così, in questo modo, mi sembra di non vedere speranza. Tutto qui.
photo credit: Our beautiful boy via photopin (license)
1 Comment
Sono d’accordo riguardo a questo articolo: il rapporto tra mamma e neonato non puo’ essere condizionato dai fatti di cronaca a meno che non ci siano dati inconfutabili sull’equilibrio mentale della donna in questione.L’individuo si forma già dal momento della nascita nella relazione con il suo punto di riferimento più importante che è la sua mamma.