Settimana scorsa nel nostro percorso sull’educazione al genere, abbiamo parlato, insieme a Paivi Sara Biancolino di Matrioskagroup, di come i bambini sin da piccoli leggano e interpretino il genere attribuendo a maschi e femmine compiti e ruoli stereotipati che spesso vedono le donne come dedite alla cura della famiglia e gli uomini come i “veri lavoratori”.
Una percezione che deriva in primo luogo dalle figure educative che accompagnano i bambini durante l’infanzia, oltre il 99% donne. Ma da quali altri fattori è influenzata e soprattutto cosa possiamo fare per evitare che questi stereotipi si radichino?
Provate a pensare, fin dalla prima infanzia a quanti maschietti viene concesso di tenere fra le braccia un bambolotto da accudire, magari con un bel passeggino? Per una bambina, invece, si tratta di una tappa obbligata. Negli spot in tv le bambine vengono invitate a prendersi cura dei loro bambolotti allorché questi sbrodolano, fanno la pipì o hanno la febbre, mentre i maschi giocano con le macchinine…chissà, magari da grandi diventeranno vigili.
In questo senso, purtroppo neanche la letteratura per l’infanzia è di aiuto. Fin da bambini, infatti ci troviamo circondati da libri in cui le mamme fanno torte e manicaretti, mentre i papà sono fuori casa per lavoro. Le prime illustrazioni in gran parte dei testi per bambini raccontano di mamme con il grembiulino pronte ad accudire papà stanchi per il lavoro svolto, seduti in poltrona ad aspettare la cena pronta, magari preparata dalla mamma che porta in tavola una bella zuppiera demodé.
Anche nei testi scolastici le cose non sembrano diverse: le professioni sono presenti in maniera maggiore quando a svolgerle sono figure maschili. Anche provando a selezionare i libri di testo liberi da stereotipi, dobbiamo fare i conti con i messaggi che il bambino recepisce durante la sua quotidianità extra-famigliare, che dai 5 anni in su si svolge prevalentemente nel contesto scolastico.
E per quanto riguarda la quotidianità nell’ambiente scolastico? Purtroppo anche questa non è esente da stereotipi…Lo sapevate, ad esempio, che da una recente indagine svolta negli Stati Uniti è emerso che le aule dedicate alle materie scientifiche sono quasi totalmente arredate con colori da sempre considerati appannaggio del mondo maschile? D’altronde anche la maggiore bravura dei maschi nelle materie scientifiche è uno stereotipo duro a morire.
Quanto può essere limitante la radicazione di questo stereotipo nelle scelte di orientamento agli studi e rispetto ai sogni di tanti ragazzi e ragazze, fin dagli esordi nel mondo scolastico? Quanti sono i ragazzi che vorrebbero intraprendere un lavoro di accudimento, o le ragazze che vogliono studiare materie scientifiche, ad essere scoraggiati perché contro corrente?
Purtroppo anche la televisione non è da meno, e se finché sono piccoli è possibile filtrare contenuti e programmi tv, man mano che crescono i bambini sono sempre più bersaglio di messaggi distorti.
Cosa possiamo fare, allora? Se è vero che i bambini sono più sensibili a quello che facciamo piuttosto che a quanto cerchiamo di spiegare loro con le parole, dovremmo cercare davvero di prestare attenzione ai messaggi che vivono e sentono anche fuori da casa. E quando questi messaggi intercettano i nostri bambini, è importante che venga loro raccontata una realtà libera da stereotipi, in cui bambini, ragazzi, uomini e donne, sono liberi di studiare e sognare il loro futuro e il loro percorso di studi indipendentemente da ciò che culturalmente fanno o non fanno maschi e femmine. Vanno educati attraverso il dialogo ad un approccio anche critico verso i messaggi a cui vengono sottoposti quotidianamente.
Esistono tanti giochi, libri per bambini in cui viene raccontata una realtà più aggiornata, ed esistono bellissimi esempi di donne e uomini che hanno lasciato un’impronta indelebile ed estremamente positiva in ambiti lontani dall’immagine tradizionale stereotipata. Un esempio fra tutti? Il grandissimo Bruno Munari e le sue idee sulla creatività infantile.
Intanto volete sapere com’è finita con il bambino convinto che le donne non debbano lavorare da cui è partita la nostra riflessione la scorsa settimana? Mamma e papà continuano entrambi a lavorare, a cucinare e a lavare i piatti all’occorrenza. In casa non esistono zuppiere la mamma non ha mai indossato il grembiulino, nemmeno a Carnevale. Staremo solo attenti ad osservare il mondo insieme a quel piccolo uomo in evoluzione, e ai messaggi che vengono trasmessi dalla società. Intanto con un occhio attento verso la sua quotidianità, magari leggendo bene i quaderni di scuola. “La mamma compra al mercato cinque belle mele rosse, e il papà, quando torna dal lavoro, ne mangia due. Quante mele rimangono?”.
IN PRATICA
Prova sfogliare qualche libro per bambini…come viene raccontata la famiglia? Che ruolo ha la mamma?
Prova a fare lo stesso con i libri di scuola…
Quanti aspetti di questo lavoro di fantasia coincidono realmente con le attitudini del vostro bambino e quanti, invece, sono pensieri indotti dalle aspettative più o meno stereotipate della società?
di Paivi Sara Biancolino
www.matrioskagroup.it
3 Comments
Ottima riflessione!
Importante cercare di dare un messaggio libero da stereotipi almeno a casa.
Grazie per il tuo commento Artemamma, siamo assolutamente d’accordo! I modelli, gli esempi che diamo tutti i giorni contano tantissimo. Ma visto che non possiamo controllare tutti i messaggi che arrivano dall’esterno, è importante, come suggerisce Paivi Biancolino, anche spiegare, riflettere con i bambini sugli stereotipi con cui si confrontano partendo da loro, da quello che pensano e sentono…anche se non è sempre semplice.
E sì… il problema che io però sento forte (e ogni fase della vita ha il suo sentire e il suo modo di sentire) è che le donne non SI SENTONO libere di scegliere in base al loro bisogno profondo, perché non si ascoltano e ascoltano invece gli altri (genitori, amici, persone di riferimento), penso ad una mamma che vuole lavorare e fa fatica a riprendere e dice “le donne oggi non possono non lavorare, una donna deve essere autonoma, indipendente e deve lavorare”. Se posso permettermi anche questo è uno stereotipo errato, perché NON dovrebbe esistere un modello di donna, bensì tanti, su misura, per ciascun carattere, per ciascuna età e fase della vita, e a questo proposito sto per leggere un libro suggeritomi da una cara amica che si intitola: Il codice dell’anima, di J. Hillman, perché spesso “non sappiamo chi siamo” e per questo fatichiamo a trovare e ad accettare la nostra strada, qualunque essa sia… Ottimi questi spunti di riflessione che lasciano libere di vedere percorsi diversi…