Alcuni giorni fa ho scritto un messaggio su Whatsapp alla figlia di mio marito. Era un messaggio piccolo piccolo, in cui dicevo semplicemente che ci manca – quando non c’è – e che la pensiamo – anche quando non c’è.
Ha risposto “anche voi” e una sfilza di emoticon coi bacini. Era giovedì, dopo un weekend passato assieme. I nostri weekend full immersion di racconti, compiti ed emozioni concentrate.
È strano, ma chi è matrigna lo sa, quanto impariamo a controllare i nostri sentimenti.
Noi veniamo dopo tutti: dopo i genitori, dopo i nonni, gli zii, i cugini e i fratelli. A noi non è permesso dire troppo. Questa volta ho spezzato il senso di pudore che molto spesso mi frena (mi auguro che non me ne vorrà) e ho scelto di espormi.
Ho avuto anche un po’ paura: “se non risponde? se mi trova patetica?”. Ma che ci sarà mai di male in un messaggio, soprattutto se dice la verità?
Quando la domenica sera esce dalla porta con lo zaino di scuola sulle spalle e ci dice ciao, noi sappiamo che tra dodici giorni saremo di nuovo assieme. Però la casa cambia forma. La sua camera torna abitata da tutti e da nessuno, a tavola manca un posto, sul divano si sta più larghi ma non più comodi, la piccola inizia a chiedere “quando torna cotti, quando viene cotti, dov’è cotti”, il grande le spiega che “un weekend sta con noi, uno con la sua mamma”, anche se la cosa non pare piacergli molto.
Tutti sono un po’ scontenti, ma tutti hanno imparato ad accettare, e ad aspettare.
Ecco, quello che c’è di straordinario in una famiglia allargata come la nostra, è che a tutti manca un pezzo, ma siamo tutti capaci di attendere. E una volta assieme ci incastriamo come un grande puzzle.
La sofferenza c’è, ma non ci fa paura perché non la nascondiamo sotto il tappeto. Io spero tanto che questo esserci e non esserci, questo ondeggiare da una famiglia a quadrato a una pentagono, questa indeterminatezza possa essere un dono per la loro futura vita da adulti.
Perché nulla è eterno, e nulla è per sempre. E impararlo da piccoli è una straordinaria risorsa.
Sono certa che in molti non la pensano così. Il dolore e la separazione sono due tabù micidiali.
E allora su, sfogatevi.
Ditemi che sono una folle, una sognatrice, un’illusa! Voglio sentire le vostre voci. Voglio sentirmi dire che sono tutte scemenze e che i bambini hanno bisogno di stabilità. Di figure di riferimento precise e tutto il resto. Dai, esponetevi.
Io sono qui per ascoltare e nel caso rispondere.
photo credit: Communication via photopin (license)
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