La scorsa domenica nelle parrocchie si è celebrata la festa della famiglia. Fortunatamente non fa parte di quella pletora di feste consumistiche dove, se non fai un regalo, c’è sempre il rischio che qualcuno si offenda.

La famiglia è la prima e principale forma di aggregazione della nostra società. Si parte in due e non si sa in quanti si arriva. Oggi, nella maggior parte dei casi, in 3-4, raramente in cinque, rarissimamente in numero maggiore.

Ma qui, non vorrei parlare della famiglia in quanto nucleo con bambini più o meno piccoli, ma della famiglia che “rimane” quando i figli se ne vanno, prendono la loro strada, formano le loro famiglie.

Parlo della “riunificazione” della coppia.

Insomma, in origine eravamo in due e…. in pensione siamo ancora in due. Noi e Lui, nostro marito (lasciatemi chiamare marito anche quello che non è legato da matrimonio, perché in fondo, che siano compagni, fidanzati ecc, sempre mariti in fondo in fondo rimangono).

Il marito è, di per sé, un essere imperfetto, almeno ai nostri occhi. Possiamo amarlo, possiamo stimarlo, possiamo contare su di lui, ma non riusciamo a considerarlo “perfetto”. E forse questa imperfezione è proprio la parte di lui che ce lo fa amare perché così possiamo anche tentare di migliorarlo, prenderci cura di lui, proteggerlo dai suoi stessi errori.

Il mio – di marito – l’ho scelto tanti anni fa (abbiamo superato i 40).

Ma poi l’ho veramente scelto? O lui ha scelto me? O ci siamo scelti a vicenda?

Mah, dopo il primo incontro lui, che riesce a dimenticarsi di qualsiasi cosa, si è ricordato a memoria il mio numero di telefono (rigorosamente telefono fisso!) e da lì è cominciato tutto.

E, quando arriva il momento della pensione per entrambi e la casa si è svuotata di figli, devi ricominciare tutto da capo. Perché tra i due inizi ci sono anni furiosi di lavoro, case da arredare, concepimenti, gravidanze, nascite, discussioni, incomprensioni, litigi, corse furibonde, bambini da crescere, adolescenti da comprendere, giovani da accompagnare nella vita, anziani genitori da accudire…

Poi a un certo punto sembra che tutto si plachi, proprio come il mare dopo una tempesta, ogni cosa vada a posto, ognuno trovi la sua strada.

 E noi due siamo di nuovo soli.

Credetemi non scherzo quando dico che ti trovi accanto una persona che ti sembra quasi di non conoscere. Ma come, avevi vicino un uomo in carriera, che usciva tutte le mattine e tornava tardi la sera (“sai avevamo una riunione!”) ed ora hai vicino un uomo pieno di acciacchi (“non riesco a piegare il braccio” – “mi fa male un ginocchio” … ma se prima non ti faceva mai male niente!) che mette il naso in cucina dove non sa fare di meglio che dare una mescolata a qualsiasi cosa ci sia sul fuoco.

Vabbé ragazze, non tutto è così catastrofico.

C’è il lato positivo: lui è sempre il tuo lui che ti è piaciuto più di 40 anni fa: nel vero senso del significato di quanto ho detto.

È ancora lui, non è affatto cambiato…. ha sempre 24 anni.

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5 Comments

  1. Zia Franny

    Cià vah.. io piango che è il caso! Adorabile!

  2. ho letto tutto piangendo, va’ a sapere perché.
    Forse perché noi ancora ci siamo in mezzo, alla tempesta (6,12, 16 anni) ma non è detto che alla fine ci si ritrovi assieme
    Siete stati bravi, vi indivio

  3. Nonna Maria

    Non esagerate con i pianti. C’è anche da ridere a pensare ad una persona ultrasessantenne che è rimasta ai 24 anni!!! Forse c’è riuscito Peter Pan!