Sempre più spesso ci si chiede cosa significhi essere genitori, come il ruolo di mamma e papà sia cambiato negli anni; e se questo è vero per le donne, lo è anche per gli uomini, la cui posizione all’interno della famiglia è profondamente mutata nel corso degli ultimi decenni, tanto da parlare di nuovi papà.
Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria “rivoluzione” della paternità, del modo di vivere il ruolo di padre, dei sentimenti che lo animano, ma facciamo ancora un po’ fatica a leggere e interpretare i compiti paterni alla luce dei cambiamenti che essi hanno vissuto.
I nuovi papà: cosa è cambiato rispetto al passato?
Qualche giorno fa abbiamo partecipato al terzo incontro della Scuola Genitori, promossa dal Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti. Una serata dedicata proprio al ruolo del papà nella crescita dei figli, un momento di riflessione e confronto guidato da uno dei maggiori esperti sul tema, Gustavo Pietropolli Charmet, psicoterapeuta e fondatore dell’Istituto Minotauro di Milano.
Sono emersi concetti molto interessanti, alcuni li abbiamo già interiorizzati, altri forse un po’ meno. Ma i papà? Loro che sono i protagonisti, sono consapevoli di questo grande cambiamento in atto?
Gli obiettivi del nuovo padre sono diversi rispetto al passato, c’è un investimento sulla paternità intesa come progetto di vita. Diventare padre rappresenta per l’uomo sempre più il coronamento di una progettualità, di un amore tra due persone che desiderano un futuro, un disegno comune da condividere e percorrere insieme.
Non si tratta più solo di una “questione sociale”: in passato, infatti, la società imponeva agli uomini, ad una certa età, di “mettere la testa a posto”, di adeguarsi ad un modello e assumersi le responsabilità paterne. Oggi l’uomo è lasciato più libero di interpretare la propria paternità, di scegliere; il rapporto padre-madre si fonda sulla simmetria dei due ruoli, complementari.
Già il fatto che i padri siano presenti durante il parto è un importante indice di questo cambiamento: il papà è la prima persona che vede il bambino alla nascita ed è proprio questa precocità dell’incontro che aiuta la creazione di una relazione empatica: c’è un innamoramento immediato del proprio figlio.
Ci sono nuove aspettative familiari, di maggior coinvolgimento, si parla oggi di nuovi papà, di padri affettivi, capaci di identificarsi con le necessità del bambino, che co-costruiscono con la propria compagna le relazioni familiari. Questo apre la strada a un approccio più libero da pregiudizi socio-culturali, c’è la possibilità di ragionare e scegliere con la propria testa quali modalità educative mettere in atto. Liberati dal ruolo di “padre autoritario” gli uomini possono così abbandonarsi a un diverso modo di guardare i figli, non più visti come “soldatini da inquadrare”, soggetti che devono uniformarsi a regole, pena la riprovazione sociale e un fallimento della figura paterna.
Ma come si traducono questi cambiamenti nel dibattito pubblico?
Troppo spesso con una maternalizzazione del ruolo paterno. Non è raro, infatti, che venga utilizzato il termine mammo per definire i nuovi papà che si occupano attivamente dei figli, termine che però sminuisce la specificità del loro ruolo e delle loro funzioni.
Abbiamo davvero bisogno di un ripensamento delle figure genitoriali, una rivalutazione del ruolo paterno, importante quanto quello della mamma.
Smettiamola di chiamarli mammi e diamo agli uomini la possibilità di essere semplicemente papà… solo in questo modo riusciremo a uscire da stereotipi e luoghi comuni, contribuendo attivamente alla costruzione di una famiglia in cui tutti i soggetti coinvolti si sentano e siano davvero protagonisti.
Fonti:
Scuola Genitori CPPP, Intervento di Gustavo Pietropolli Charmet, La funzione del padre nei compiti evolutivi dei figli, 7 marzo 2013, Milano.
Daniele Novara, Il ruolo del paterno: la sfida del nostro tempo, in Materiali Scuola Genitori www.cppp.it/i_materiali_delle_serate.html
cover photo credit: tookapic – pixabay
5 Comments
Non ho mai sopportato la parola “mammo” , usata anche da amici e parenti quando mio marito si occupa della nostra bambina.
Lui fa semplicemente il papà, o babbo come si dice dalle nostre parti, e lo fa con il suo massimo impegno perchè ama sua figlia e vuole essere presente nella sua vita.
La parola “mammo” non vuol dire un bel nulla a mio parere, nostra figlia ha una mamma ed un papà che cercano di fare il loro meglio, giorno per giorno.
W i papà!
[quote name=”Cristina”]Non ho mai sopportato la parola “mammo” , usata anche da amici e parenti quando mio marito si occupa della nostra bambina.
Lui fa semplicemente il papà, o babbo come si dice dalle nostre parti, e lo fa con il suo massimo impegno perchè ama sua figlia e vuole essere presente nella sua vita.
La parola “mammo” non vuol dire un bel nulla a mio parere, nostra figlia ha una mamma ed un papà che cercano di fare il loro meglio, giorno per giorno.
W i papà![/quote]
Cristina guarda a me è capitato di sentire anche il “balio”…non sto a raccontarti la mia reazione!!
Oggettivamente il termine mammo è improponibile… ma lo scenario delle analisi sociologiche è variegato (un mese fa sul Blog del Corriere DS , la 27° ora sono usciti un paio di articoli a mio avviso molto retorici), con generalizzazioni – secondo me – non sempre azzeccate. Credo che la differenza col passato non sia da ricercare solo nel papà, ma nella famiglia in sè: papà, mamma, figli. Le dinamiche sociali hanno travolto dei ruoli che si stanno riadattando assumendo contorni diversi, dei quelli ci si deve semplicemente rendere conto. I confronti col passato non rendono giustizia nè ai papà di 30anni fa, nè con quelli di oggi. E non parliamo delle mamme. Noi siamo papà senza modelli, non perchè negativi, ma perchè diversi, nati e vissuti in contesti non paragonabili. Dentro quest’assenza di riferimenti emerge, come giustamente rimarcate, la complementarietà, la divisione dei compiti, la gestione integrata del percorso familiarre, figli e annessi e connessi. Dove il concetto non è la riduzione a mammo del papà, ma la presa di coscienza che più dei ruoli o delle cose da fare sono importanti i modi di esserci e di costruire la propria famiglia. Modi di esserci che naturalmente sono diversi, a prescindere da quello che si fa!
[quote name=”vittore”]Oggettivamente il termine mammo è improponibile… ma lo scenario delle analisi sociologiche è variegato (un mese fa sul Blog del Corriere DS , la 27° ora sono usciti un paio di articoli a mio avviso molto retorici), con generalizzazioni – secondo me – non sempre azzeccate. Credo che la differenza col passato non sia da ricercare solo nel papà, ma nella famiglia in sè: papà, mamma, figli. Le dinamiche sociali hanno travolto dei ruoli che si stanno riadattando assumendo contorni diversi, dei quelli ci si deve semplicemente rendere conto. I confronti col passato non rendono giustizia nè ai papà di 30anni fa, nè con quelli di oggi. E non parliamo delle mamme. Noi siamo papà senza modelli, non perchè negativi, ma perchè diversi, nati e vissuti in contesti non paragonabili. Dentro quest’assenza di riferimenti emerge, come giustamente rimarcate, la complementarietà, la divisione dei compiti, la gestione integrata del percorso familiarre, figli e annessi e connessi. Dove il concetto non è la riduzione a mammo del papà, ma la presa di coscienza che più dei ruoli o delle cose da fare sono importanti i modi di esserci e di costruire la propria famiglia. Modi di esserci che naturalmente sono diversi, a prescindere da quello che si fa![/quote]
Ciao Vittore grazie del tuo commento. verissimo…L’assenza o comunque come dici tu i diversi modelli certo non hanno aiutato ad una presa di coscienza ma siamo convinte che i papà oggi siano molto più capaci di “godersi” il loro ruolo bellissimo e fondamentale di padri!
Io sono una disgraziata e al mio compagno dico che è un chioccio, lui a dirla tutta non pare per nulla offeso, anzi!
Tuttavia onestamente non so fino a che punto la cosa ci lascerebbe indifferenti se a farlo fossero altri al di fuori della confortevole atmosfera famigliare