SENZA PANNOLINO DALLA NASCITA, COME SI FA? – Qualche settimana fa vi abbiamo parlato dell’Elimination Communication (EC), un metodo che consiste nel far crescere il proprio bambino senza pannolino, basato sull’ascolto e l’osservazione dei più piccoli, per riconoscerne le esigenze e cogliere i segnali che manifestano nel momento in cui devono fare la pipì o la cacca.
Una pratica che ci ha molto incuriosito e che ha creato un dibattito nella nostra community, divisa tra chi nutre qualche dubbio sulla sua fattibilità e utilità e chi invece vorrebbe provarlo.
Tra i diversi commenti, quello di Giordana, una mamma che ha utilizzato l’Elimination Communication con i suoi bambini, alla quale abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza per aiutarci a capirne meglio le fasi, i benefici e le eventuali difficoltà.
Giordana, ci racconti qualcosa di te? Quanti bimbi hai?
Vivo a Ostia antica, sono laureata in psicologia clinica e di comunità e faccio l’educatrice di asilo nido da 11 anni. Ho tre figli: Alma, di 6 anni, Wilma, di 5 e Pepe Lucho che compirà 3 anni a novembre.
Cosa ti ha spinto a provarlo?
Ho scoperto l’esistenza dell’EC quando Alma aveva due mesi. Nonostante avessimo comprato i pannolini lavabili di cotone, soffriva di un fortissimo eritema da pannolino. Allora in casa la tenevamo nuda. Col passare dei giorni però, mettere il pannolino per uscire iniziava a sembrarci una tortura gratuita. Allora abbiamo chiesto consiglio alla nostra ostetrica. Lei ci ha spiegato che una sua conoscente non utilizzava pannolini e che esisteva un “metodo”. Mi sono fatta dare il numero di questa ragazza, ho parlato con lei, ho iniziato a raccogliere notizie dal web ed è partita la nostra avventura.
È stato facile o hai incontrato delle difficoltà?
Nella prima settimana pensavo di non essere in grado. La guardavo, ma non riuscivo a percepire il benché minimo segnale. Poi, piano piano, mi è sembrato di notare qualcosa, e alla fine è diventato molto naturale. La cosa più difficile è uscire dal pregiudizio per attivare l’ascolto. È difficile spiegarlo, ma è il modo in cui affrontiamo la faccenda che fa la differenza. Riuscire a scardinare il modo di pensare che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti, per cui un neonato è imprescindibilmente collegato a un pannolino (ad un ciuccio, un passeggino, un biberon), questa è la cosa più difficile. Amici e parenti sorridevano alla nostra ennesima “stranezza” – Alma è nata in casa, non abbiamo mai consultato un ginecologo ma ci siamo fatti seguire da un’ostetrica, non abbiamo voluto in regalo carrozzine, passeggini, e niente di simile e ci siamo fatti regalare delle fasce portabebè – e in breve non solo si sono “abituati” anche a questo, ma facevano a gara a chi riusciva ad accorgersi che Alma doveva fare pipì. E stato tanto divertente. Ovviamente non ha avuto più nessun eritema e nemmeno un arrossamento. Abbiamo dovuto un po’ adattare il guardaroba (niente tutine intere e niente body, per esempio) e giravamo sempre con qualche cambio in più e una o due inceratine per evitare possibili incidenti scomodi a divani e tappeti di amici e parenti o al seggiolino dell’auto, ma siamo stati così entusiasti che quando è nata Wilma, 17 mesi dopo, per noi è stato normale non utilizzare il pannolino. L’unica deroga è stata fatta per la notte. Siccome entrambe le piccole si svegliavano più volte, all’ultimo risveglio in cui io ero ancora “lucida” mettevo il pannolino e lo toglievamo al risveglio, che si solito, ahimè, non era più tardi delle sei e mezza.
Quello dell’Elimination Communication è un metodo che richiede una presenza costante della mamma, come sei riuscita a conciliarlo con il tuo lavoro?
Può sembrare difficile conciliare tutto questo con una vita lavorativa, ma in realtà si tratta di qualche lavatrice in più nei giorni in cui capita di perdere qualche pipì, ma tutto sommato in situazioni in cui si rischia di stressarsi e basta, una giornata di pannolino non è da demonizzare. Infatti con l’arrivo di Pepe mi è capitato di mettergli il pannolino (anche se davvero raramente), perché di fronte al rischio di perdere l’obiettivo principale, ovvero l’ascolto amorevole dei figli, perché ero stanca, decisamente meglio qualche ora di pannolino, piuttosto che una mamma esaurita!
Quali sono stati secondo te i maggiori benefici dell’utilizzare questo metodo?
Anche se la prima impressione sull’EC può essere quella di complicarsi la vita, in realtà quando si entra nell’ottica che un bambino così piccolo possa comunicare davvero i suoi bisogni fisiologici oltre al sonno e alla fame, allora tutto si semplifica. A conti fatti, per quanto riguarda la mia personale esperienza con l’EC, ho raccolto qualche pipì ogni tanto, è innegabile, ma ho assaporato una profonda comunicazione coi miei figli ed ho risparmiato in modo sostanziale in inquinamento e denaro. Io sono certa che sia necessario diffondere il più possibile questo “metodo” perché può aiutarci a cambiare punto di vista sul come prendersi cura dei piccoli e permette una comunicazione ancora più intima con loro. Per non parlare della sostanziale differenza di impatto ambientale. I pannolini sono tra i rifiuti meno biodegradabili in assoluto . E sono anche tra i più numerosi.
Nell’asilo nido dove lavori a settembre partirà il progetto “Al nido senza pannolino”, ci dici qualcosa di più?
Dopo la nostra bella esperienza abbiamo pensato di condividere tutto questo con altre famiglie ed ho iniziato ad organizzare incontri per i genitori, e ad andare in due consultori della nostra zona a raccontare la mia esperienza nei corsi di accompagnamento alla nascita. Poi abbiamo lanciato il progetto “Al nido senza pannolino”. Quando le famiglie interessate ci hanno contattato abbiamo spiegato di cosa si trattava e una bambina si è iscritta. Io ho iniziato ad incontrare questa famiglia che la piccola non aveva ancora sei mesi, li ho accompagnati alla scoperta del favoloso mondo dell’EC e quando è arrivato il momento di entrare al nido è stato tutto molto semplice. Poi per un anno non ci sono stati altri bimbi senza pannolino. A settembre invece ripartiamo con la piccola Matilde. Io e la mamma ci siamo viste e sentite e sembra che la loro comunicazione inizi a funzionare davvero bene.
Grazie a Giordana per aver condiviso con noi la sua esperienza, che sicuramente sarà d’aiuto a molte mamme che vogliono cimentarsi con l’Elimination Communication.
Voi cosa ne dite? Lo usereste con i vostri bambini?
Se volete approfondire la conoscenza di questo tema, potete seguire Giordana sul suo blog I Tik di Mammapancia, dove troverete molte informazioni sull’Elimination Communication e altre pratiche naturali di accudimento dei piccoli.
photo credit: vivarin via photopin cc
2 Comments
Voglio provarlo con la mia ultima figlia che ancora non ha un mese.
La cosa più complicata mi pare convincere mia moglie. La cosa che non spiegate è come gestire i piccoli durante la pipì/pupù, come sostenere il collo?
E poi perché una cosa che usavano i nostri nonni dovrebbe essere chiamata EC o con un freddo nome inglese? Secondo me limita la diffusione della tecnica. Immagino spiegare alla nonna cosa è EC mettendola già davanti ad una prola strana, quando invece potrei dire che voglio farla crescere senza pannolino (o quasi).
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