“Tanto è sbagliato!”
“Tanto non capisco niente!”
“Tanto mi bocciano!”
“Non possiamo migliorare Prof., non siamo scolarizzati!” – etichetta affibbiata in prima media e difficile da scrollarsi di dosso -.
Queste sono alcune delle frasi che sento dire in classe ogni giorno.
La scuola è un impegno e, come tale, richiede una gestione e un’attenzione particolare per essere portato avanti al meglio. Si tratta di un impegno verso se stessi, ma che coinvolge anche profondamente il rapporto con gli insegnanti, i compagni, i genitori.
Percepirsi come un bambino o un ragazzo in grado di gestire e portare a termine i propri impegni scolastici in autonomia, è segnale di una buona autostima ed è una dote che anche mamma e papà dovrebbero valorizzare.
A prescindere dai voti.
Il voto è solo un voto
In classe spesso si coglie come la principale preoccupazione dei ragazzi sia il voto. Perché? Per soddisfare le aspettative di mamma e papà, e ricevere la loro approvazione.
Molte volte ha un certo peso anche il confronto con i compagni, la competizione che si crea nel gruppo e che fa esibire orgogliosamente un bel voto, o nasconderne uno brutto.
Personalmente, come insegnante cerco di non dare un gran peso ai voti; non faccio confronti tra gli studenti e non “metto sul podio” i voti migliori. Anzi, incoraggio tutti a fare un confronto solo con se stessi.
Non è facile, però. La scuola, per come è fatta, stimola naturalmente la competizione e la alimenta continuamente. Con danni per i ragazzi più deboli e con autostima più scarsa.
Non è detto, tuttavia, che buoni voti siano sinonimo di buona autostima. Ci sono ragazzi che, nonostante i voti alti, hanno sempre paura di sbagliare e si bloccano davanti alla prima difficoltà. Anche quando hanno fatto una buona prova, non ne sono realmente certi fino a che non ricevono la valutazione dell’insegnante; come se fosse solo questa a poter confermare il loro valore.
Altri studenti faticano ad aprire bocca quando gli si fa una domanda e poi bisbigliano qualcosa che non osano ripetere a voce alta perché “tanto è sbagliato!”.
Quello che i ragazzi, ma soprattutto noi genitori, dovremmo davvero capire e ricordare è che “il voto è solo un voto”, che si riferisce a una prestazione scolastica e non alla persona e al suo valore.
Talvolta, l’errore dei genitori è identificare il proprio figlio con l’errore che ha commesso, trasmettendo al ragazzo l’idea di essere sbagliato come persona.
Il problema con l’autostima a scuola spesso non è la valutazione oggettiva che si riceve attraverso un voto, ma l’autovalutazione che un ragazzo si dà sulle proprie competenze, sui propri meriti, i talenti o le difficoltà e le aree da migliorare, anche in base al feedback che riceve da mamma e papà.
Qualche tempo fa ho chiesto ai ragazzi di un liceo quale fosse l’ambito della propria vita che esercita un’influenza particolarmente negativa sulla loro autostima e il 90% per cento dei ragazzi ha messo al primo posto proprio la scuola, con insegnanti pronti a demolirti per un cinque e incapaci di comprendere un momento di difficoltà.
Per non arrivare alle scuole superiori in questa situazione è necessario partire bene fin dalle basi, quindi dalla scuola primaria.
Cosa possiamo fare come genitori?
1. Non confondiamo il valore di nostro figlio con il voto di un’interrogazione. Piuttosto, cerchiamo di capire il perché di un voto basso, gli errori commessi e soprattutto come migliorare. Invece di sgridarlo, consoliamolo e riflettiamo con lui su che cosa fare, offrendogli il nostro aiuto concreto.
2. Se nostro figlio ha preso 7 e mezzo non tormentiamolo dicendogli che avrebbe potuto prendere otto! Lo sa anche lui, naturalmente; sarebbe meglio valorizzare il suo impegno e il risultato che ha raggiunto, dandogli una conferma delle sue capacità.
3. Non facciamo i compiti al suo posto, pensando di aiutarlo. Lasciamo che si prenda le sue responsabilità e che impari a organizzarsi da solo, favorendo la sua autonomia. Percepirsi capace di gestire il materiale scolastico, compiti e lezioni, sentendosi apprezzato da noi, da insegnanti e compagni, è un toccasana per la sua autostima.
E se qualche volta sbaglia, pazienza.
Il percorso verso l’autostima, e l’autonomia, è fatto di alti e bassi, di piccoli e grandi successi ed errori. Solo rimanendo al suo fianco, senza sostituirci a lui, lo aiuteremo davvero.
di Adele Borroni
www.mammeimperfette.com
photo credit: Elementary student working in classroom via photopin (license) & Cheerful smiling child at the blackboard ©yuryimaging – Fotolia.com
4 Comments
Adele, di sicuro il confronto con gli altri è un’arma di distruzione della propria stima. Succede anche agli adulti.
L’articolo mi ha ricordato quanto siano importanti le parole associate ad un brutto voto. In questo devono prestare attenzione genitori ed insegnanti. Purtroppo c’è chi usa parole inadeguate come “deficiente” “incapace” “non vali niente” ecc. Sono quasi delle cicatrici per la mente che fanno perdere la motivazione anche al più tenace degli studenti…
E non solo, intendo anche in modo positivo. Se un insegnante si trova dinanzi ad una prova disastrosa e nota che il bambino/adolescente si è impegnato, deve riconoscerlo con le parole, invece di soffermarsi solo sugli errori.
Hai ragione Giuseppe, le parole sono strumenti potentissimi per l’autostima e talvolta quelle negative escono di bocca troppo facilmente; l’adulto dovrebbe sempre far sentire il bambino competente e capace di imparare, anche se qualcosa è andato storto. Grazie per la tua riflessione!
Ciao Adele,
ti faccio i complimenti per questo articolo perché mette in chiaro quanto un genitore posso influenzare la percezione e l’autostima di un ragazzo.
Io oltre ai genitori ritengo che un ruolo importante lo svolgano anche insegnanti e professori, insomma tutte le persone che rappresentano un’autorità per il ragazzo e le lui opinioni lui tiene in considerazione.
Adele, io mi occupo di formazione in public speaking e dibattito anche con i ragazzi degli istituti superiori. Il vero lavoro non consiste nell’insegnare le tecniche di comunicazione ma nel costruire la loro autostima. Tutto ciò che faccio e dico loro viene fatto in funzione di questo!
I risultati che sono riuscito ad ottenere sono sorprendenti ed il motivo è solamente uno “credo in loro” e questo i ragazzi lo capiscono.
Si dice che le persone abbiano paura di parlare in pubblico e lo sai, la cosa non mi sorprende! Le prime volte in cui noi parliamo in pubblico è quando veniamo interrogati a scuola dove siamo obbligati a metterci di fronte alla classe e parlare, venendo in parte derisi dai compagni e giudicati dai professori. Cresciamo con l’idea che parlare in pubblico sia “il momento del giudizio” ed è normale che non riusciamo o viverlo come un momento di gioia e di scambio.
Ritengo che per costruire l’autostima dei ragazzi bisogna credere in loro e che questi possano contare con il supporto di genitori ed insegnanti.
Ti saluto segnalandoti un libro che aiuta a capire il comportamento dei ragazzi e come possiamo aiutarli a costruire la loro autostima.
È diviso per fascia d’età, partendo dai 2 fino a rivare a ragazzi di 18 anni!
“Il bambino timido” di Philip Zimbardo
Un saluto
Riccardo Agostini
Public Speaking Coach
Ciao Riccardo, grazie per il tuo commento. Sono d’accordo con te, senza una buona autostima qualsiasi tecnica si insegni difficilmente funzionerà! Fai un lavoro davvero prezioso, i ragazzi hanno un estremo bisogno di adulti che credano in loro… Io per vincere la paura di parlare in pubblico e farlo in modo efficace ho letto e riletto “Come parlare in pubblico e convincere gli altri” di Dale Carnegie, che certamente conosci; lo trovo fantastico! Grazie per il tuo consiglio di lettura, lo seguirò sicuramente! Buon lavoro 🙂