Comunicare la gravidanza al proprio capo o in ufficio è sempre un tema molto dibattuto tra le mamme.
Dal punto di vista legislativo la comunicazione di una gravidanza può essere fatta fino a pochi giorni prima dell’entrata nel 7° mese.
Il mio personale punto di vista è che i comportamenti e le scelte che percorriamo sono il risultato non solo di vincoli di legge posti, bensì del mix di condizioni ed esperienze sociali, culturali e professionali che stiamo vivendo o che abbiamo vissuto e che ci caratterizzano.
Ponendo questi come presupposti imprescindibili, unitamente ai diversi ambienti lavorativi in termini di ruoli svolti, le caratteristiche dell’azienda come propensione alla conciliazione, dimensioni e altre variabili, cerchiamo di trovare un percorso personale in piccoli passi.
Analizziamo:
– il nostro stato di salute: ovvero se la gravidanza già dall’inizio effettivamente presenta problemi evidenti oppure in funzione della tempistica per l’esito di un esame per noi fondamentale prima della comunicazione. Questo aspetto è molto importante sia per un approccio di protezione fisica e psicologica verso noi stesse ed il bambino, sia perché nel caso in cui ci fossero piccoli o grandi problemi, il tutto potrebbe apparire evidente a chi ci circonda (famiglia, amici e quindi anche colleghi/ambiente professionale).
– le caratteristiche dell’azienda in cui lavoriamo, del ruolo che ricopriamo, l’area organizzativa, il momento specifico in cui ci troviamo e l’orientamento/clima aziendale verso queste tematiche.
Le situazioni e scenari cambieranno in un’azienda multinazionale piuttosto che in una piccola-media impresa, in un ruolo di team o di coordinamento, in un’area composta da pochi o molti elementi, in un momento “tranquillo” del carico di lavoro o “cruciale” per la chiusura di progetti, in un’azienda che “concilia” facilmente con i suoi dipendenti o non lascia spazio in questo senso.
– le esperienze di altre mamme in azienda ed il loro percorso per ripetere il percorso di casi di successo o evitare errori commessi.
– i rapporti personali con i nostri colleghi o con il proprio responsabile: gestirli al meglio è fondamentale per non perdere la fiducia di chi poi ci “ri-accoglierà” al momento del rientro in azienda dopo il periodo di assenza.
Meditiamo su come in questo momento sono impostati questi rapporti e, nel caso fossero pessimi, cerchiamo di volgere in positivo e conquistare fiducia proprio in questa occasione.
Sempre più mamme al rientro in azienda hanno problemi di reinserimento e comunicare al momento “giusto” una gravidanza, concordare un periodo di assenza unitamente alla sincera analisi di cosa vogliamo e ci aspettiamo nel periodo pre e post-maternità, tornerà utile sia a noi stesse sia all’azienda (che potrà programmare il tutto più semplicemente).
– il nostro “carattere”: siamo persone che riescono a “mantenere” un segreto o normalmente come “libri aperti” davanti a chi ci conosce in tutti gli ambiti?
L’ultimo aspetto per me ha avuto il peso più importante in termini di serenità e condivisione della mia gioia, ma ogni donna e famiglia vivono situazioni diverse e dare una risposta univoca sarebbe impossibile!
Spero che questi piccoli consigli vi saranno di aiuto e vi supporteranno!
Vi aspettiamo qui in Mamme Acrobate per commenti e spunti
Maria Cimarelli
Fondatrice di Working Mothers Italy
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Working Mothers Italy è la prima associazione in Italia che si propone di tutelare, supportare e far crescere professionalmente le mamme lavoratrici in Italia.
Il sito web www.workingmothersitaly.com è un vero e proprio social network con più di 1.500 mamme iscritte on-line e più di altre 2.000 in network diretto tra dirigenti, imprenditrici, impiegate, libere professioniste, responsabili Risorse Umane ed Head Hunters.
Sono stati attivati servizi di assistenza reale, convenzioni, eventi e network nel settore privato e istituzionale per supportare le mamme non solo nel mondo del lavoro ma a 360 gradi per meglio conciliare lavoro, famiglia e interessi.
2 Comments
La mia esperienza (sia di futura mamma che deve informare il “capo” sia di “capo” che viene informato da una collega) mi dice che, nel dare questa “notizia” bisogna anche giocare un po’ d’astuzia. Nel primo caso lavoravo in una grande azienda e quindi, tutto sommato, è stato più facile affrontare l’assenza e il ritorno. Nel secondo caso si trattava di uno studio con pochi dipendenti e quindi un’assenza prolungata come una maternità comportava non pochi problemi. A volte è necessario mettersi nei panni del proprio superiore e condividere le sue preoccupazioni del tipo “ma adesso chi farà il tuo lavoro?”. E’ la futura mamma per prima che deve riuscire a trasmettere sicurezza al proprio datore di lavoro, bastano poche parole rassicuranti, un’assicurazione di impegno immutato. Questo non significa dare meno importanza alla gravidanza/maternità ma impostare in modo giusto i rapporti anche in vista del rientro al lavoro. Almeno io la penso così.
Salve nonna Maria,
sono pienamente d’accordo sull’atteggiamento propositivo e serio da parte della futura mamma.
Questo è importante anche per gettare le basi del rientro futuro.
a presto, maria