In questi giorni è stata pubblicata da Corriere.it la notizia che solo tre regioni italiane – Emilia Romagna, Toscana e Umbria – hanno raggiunto gli obiettivi indicati da Lisbona 2010, ovvero riescono ad accogliere presso i nidi 33 bambini su 100. In tutte le altre regioni purtroppo la percentuale è invece del 23% e in questa percentuale sono inclusi anche i bimbi che frequentano le classi primavera della materna o gli spazi gioco (Mamme emiliane, toscana e umbre, illuminateci!!)

Si discute molto sulla necessità di aumentare gli asili nido, di investire nella creazione di servizi per la prima infanzia. Recentemente vi abbiamo presentato il progetto Italia2020 attraverso il quale verranno stanziati 10 milioni di euro per la realizzazione dei nidi famigliari attraverso l’esperienza delle “mamme di giorno” (tagesmutter).

Ma siamo davvero sicuri che queste misure bastino? Che serva aumentare le strutture esistenti o finanziare “asili condominiali” per andare realmente incontro alle esigenze di chi ha figli piccoli?

La questione è più complicata. Anche nell’ipotesi che i posti nei nidi aumentino, una buona parte di problemi rimarrebbe.

Ad esempio quali sono gli ostacoli che le famiglie devono superare anche quando “per grazia ricevuta” il loro piccolo viene accolto al nido?

> Le rette sono solitamente dei veri e propri salassi, quasi necessitano dell’apertura di un mutuo (magari le banche potrebbero farci un pensierino…). Spesso sono così proibitive che molte famiglie non possono permettersi di iscrivere il proprio figlio al nido. Una recente indagine di Cittadinanzattiva ha stabilito la hit parade delle città italiane più care in quanto a rette nido.

> Non ci sono delle valide agevolazioni fiscali. Al momento per le rette degli asili nido sia pubblici che privati è prevista una detrazione Irpef del 19%. Il limite di spesa sul quale calcolare la detrazione è però di 632 euro a figlio il che equivale ad uno sconto massimo di imposta di soli 120 euro (onestamente, non mi sembra tutto questo gran aiuto).

> Gli orari di entrata e uscita non sempre sono “concilianti”! Ad esempio a Milano gli asili pubblici prevedono due entrate mattutine: 7.30-8.30 e 9.00-9.30 ma la fascia 8.30-9.00 non è accessibile. L’ultima uscita invece è di norma alle 18 quando ancora molti genitori sono a lavoro o stanno uscendo in quel momento. In questo caso si deve quindi ricorrere ai nonni (se si ha la fortuna…) o a baby sitter con relativo e conseguente aumento dei costi.

> Infine uno dei principali problemi è che gli asili (e le scuole in generale) chiudono per scioperi, ferie e festività circa 3 mesi all’anno. In questi 3 mesi come ci si organizza? A chi si lasciano i figli? Spesso mancano servizi alternativi per coprire questi periodi.

Ma la situazione negli altri stati europei com’è? Vi proponiamo una breve ma significativa panoramica di alcune tra le nazioni che più di altre hanno deciso di investire nei servizi per l’infanzia e considerati i loro tassi di natalità direi che hanno centrato l’obiettivo!

DANIMARCA

Qui sono circa il 60% i bambini accolti negli asili nido. Questa nazione investe il 2% del suo PIL in servizi per l’infanzia, la percentuale maggiore di tutta l’Europa, ha uno dei tassi di fertilità più alti, quasi l’1,9%, e l’occupazione femminile è del 70%.

SVEZIA

Le rette degli asili sono calcolate in percentuale rispetto al reddito, per il primo figlio il costo dei servizi per l’infanzia è pari al 3%, per il secondo figlio al 2%, per il terzo figlio all’1% e per il quarto è gratuito. Questo aiuta a capire come mai in Svezia il tasso di fertilità sia dell’1,8%.

AUSTRIA

Le spese sostenute per asili nido, materne e scuole elementari, fino ai 10 anni del bambino, sono deducibili dalle tasse e il tetto massimo di deducibilità è di 2.300€ all’anno per singolo bambino.

FRANCIA

Grande attenzione per la fascia d’età 0-3 anni. Oltre ai nidi tradizionali (aperti fino a 11 ore al giorno e chiusi solo un mese all‘anno), esistono gli Halte garderie, strutture che accolgono i bimbi solo per alcune ore al giorno (a Milano esiste da un paio d’anni il Centro per la Prima Infanzia che funziona pressappoco nel medesimo modo). La maggior parte di queste strutture sono completamente gratuite. E’ stato inoltre recentemente creato una sorta di “terzo asilo”, una nuova struttura per accogliere i bimbi troppo cresciuti per il nido ma non ancora pronti per la scuola materna: sono i Jardins d’èveil ovvero i Giardini del risveglio. La previsione è di creare 200mila posti entro il 2012. Una buona alternativa alle nostre “classi primavera” che ancora non convincono del tutto!

Questi sono segnali positivi che devono “illuminare” e invogliare al miglioramento se davvero si vuole investire di più sulla famiglia.

Se avete altre segnalazioni da fare, se sapete di qualcosa che già si sta facendo in qualche altra città e che forse varrebbe la pena di comunicare meglio, scrivete come sempre a info@mammeacrobate.com o lasciate qui i vostri commenti.

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