Non esistono genitori perfetti, quello di mamma e papà è un mestiere che si impara sul campo, ce lo siamo detti tante volte. Attraverso tentativi ed errori si cerca di mettere in pratica quelli che crediamo essere i valori fondamentali per la crescita dei nostri figli, per dare loro il meglio. Nonostante le migliori intenzioni però, la relazione genitori-figli non è esente da difficoltà e problematiche, che spesso possono mettere in dubbio il nostro ruolo educativo. A volte, per superare la sensazione di inadeguatezza, di incapacità è utile rivolgersi a specialisti che possono aiutarci a ritrovare la fiducia in noi stessi e nelle nostre risorse, sostenendoci lungo il percorso.
È da queste premesse che è nato il progetto di cui vogliamo parlarvi oggi, un servizio recentemente partito a Milano, grazie al sostegno del Comune.
Si tratta del Centro Diurno Famiglie in gioco, nato dalla sinergia tra il CBM – Milano Onlus (Centro per il bambino maltrattato) e la Fondazione IRCCS Don Gnocchi con l’obiettivo di sostenere famiglie, genitori, bambini che necessitino di un aiuto educativo, di rinforzare le relazioni familiari o il rapporto con la scuola.
Noi, come al solito, abbiamo voluto saperne di più e abbiamo incontrato Anna Chiesa e Attilio Vergone, referenti del progetto, per scoprire più da vicino le attività proposte e le modalità d’intervento… questo è quello ci hanno raccontato:
Com’è nata l’idea di questo progetto? E perché la scelta di questo nome?
Famiglie in gioco esprime bene il senso e l’obiettivo del progetto, cioè supportare genitori, bambini e ragazzi in momenti critici della loro vita, partendo dall’idea che sono loro le persone più competenti per superarli. Solo aiutandoli a trovare in sé le competenze per affrontare le difficoltà, quelle risorse che si possiedono ma che a volte vanno riscoperte e condivise, si può arrivare a una situazione di reale benessere. Il modello che sottende a questo progetto è quello di un’utenza che deve mettersi in gioco in prima persona, per recuperare e ristabilire il rapporto all’interno del nucleo familiare. Il progetto prevede, infatti, una fase iniziale realizzata dai nostri operatori insieme alla famiglia, per raggiungere un accordo condiviso sugli obiettivi e i tempi del percorso. Si arriva a stingere una sorta di “patto” che coinvolge tutti; l’intervento non è solo sul bambino ma sull’intero nucleo famigliare.
A chi si rivolge? Chi sono i vostri utenti?
Al progetto si può accedere spontaneamente o in seguito a una presa in carico della famiglia da parte dei Servizi Sociali del Comune di Milano. Il servizio è aperto anche alle scuole che richiedono assistenza. Non ci sono tipologie prefissate di utenti, si può trattare di famiglie che fanno fatica ad affiancare i propri figli nei compiti o che per vari motivi non hanno un tempo di qualità da dedicare loro e possono trovarlo presso il centro; genitori di figli con difficoltà specifiche di apprendimento, motorio o relazionale; famiglie che hanno bisogno di supporto nei processi educativi o nel gestire le dinamiche emotivo – relazionali; famiglie che vivono in una condizione di solitudine o d’isolamento sociale o che hanno figli diversamente abili ma anche normodotati, che vivono la disabilità e che quindi necessitano di un supporto.
C’è la possibilità di usufruire di consulenze individuali, ma anche di confrontarsi con altre famiglie che, vivendo esperienze comuni, possono trovare luoghi e tempi di scambio che permettono di vedere la propria situazione anche sotto altri punti di vista.
Quello che proponete è un approccio multisettoriale, che va a toccare vari ambiti della vita di un bambino, riducendo il rischio di frammentare l’intervento. Cosa vi ha spinto verso questa direzione?
L’individualità del bambino, le sue relazioni familiari, la vita scolastica: sono tutti aspetti coinvolti, in quanto un approccio completo offre maggiori possibilità di riuscita. Sono tutte esperienze che convergono in una realtà comune. Per arrivare a una condizione di benessere è necessario pensarsi e attivarsi come essere complesso; ne deriva che un approccio che fraziona, che tiene staccate le varie dimensioni, è un approccio che ha poco senso. Se non si sta bene in una di esse, probabilmente questo malessere lo si porterà anche altrove; se al contrario si riesce a intervenire sulle dimensioni critiche, l’intervento si ripercuoterà su tutte le altre realtà che definiscono la persona.
Le nostre associazioni si sono unite in questo progetto comune a fronte di quelle che sono le diverse necessità delle famiglie, verso le quali parcellizzare l’intervento è riduttivo. È necessario aver ben presenti tutti i componenti della famiglia, pensando che questa s’inserisce in un contesto più ampio che è la società.
Quali pensate siano i punti di forza del servizio?
Chiediamo aderenza al progetto e questo lavoro si può fare grazie alla rete che si va a creare tra i professionisti coinvolti – educatori professionali, uno psicomotricista, un’assistente sociale, uno psicologo, una pedagogista, un neuropsichiatra infantile – il mondo scolastico e le famiglie. A volte negli interventi educativi sui minori (n.d.r. soprattutto quando si tratta d’invii da parte dei Servizi Sociali), si possono incontrare delle resistenze.
Questo rischio può essere aggirato proprio per il modello che Famiglie in Gioco incarna: parte dalla famiglia stessa, non è qualcosa di calato dall’alto, è un costruire insieme il tipo di percorso più opportuno per migliorare il clima familiare. Non delegando a terzi, i genitori possono riscoprire la centralità del loro ruolo per il benessere di tutta la famiglia, possono conoscere i propri limiti, ma anche imparare a superarli. Si tratta di un cambio di approccio importante. L’idea è che non arriva qualcuno, l’esperto, a risolverti il problema, ma ti aiuta a trovare dentro te le soluzioni.
Dove si trova il centro e quando si può accedervi?
Il servizio Famiglie in Gioco si trova presso la Fondazione IRCCS Don Gnocchi in Via Gozzadini 7, a Milano e propone moduli orari cui si può accedere in funzione del percorso e degli obiettivi da raggiungere.
Per i bambini tra i 3 e i 10 anni, sono previsti laboratori espressivi, gruppi di confronto e supporto scolastico; per i genitori, seminari tematici, consulenza individuale e gruppi di confronto; per le scuole è attivo un supporto per la gestione delle situazioni di particolare criticità, di sostegno ai compiti e all’apprendimento.
Un modello d’intervento che a noi personalmente piace molto, un’occasione per tutti per riscoprire se stessi e attivarsi in prima persona per il benessere di tutti…un progetto davvero formato famiglia.
Noi, ovviamente, lo aspettiamo anche in altre città.
Per informazioni
CBM – Centro per il bambino maltrattato e la cura della crisi familiare
Via Calatafimi 10 – 20122 Milano Tel. 02 66201076 Sito web: www.cbm-milano.it E-mail: info@cbm-milano.it
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