Mi sono seduta in cucina a pensare al nome da dare al blog mentre mio figlio, nomade in cortile, si rovesciava un vaso di terra in testa.

Dai miei punti d’osservazione ho tentato di comprendere il perché di questo attaccamento infantile alla terra, all’acqua, alla terra e l’acqua insieme.

“Teste di coccio” nasce dalla presa di consapevolezza che siamo tutte e tutti testardi, fissati su alcune cose e certi rituali, quasi per nulla negoziabili, che si ritrovano per la prima volta nelle cantine della storia dell’umanità. Come si suol dire, si perdono nella notte dei tempi.

Un giorno lontanissimo, forse in una vallata silenziosa del centro Europa o sulle rive di qualche fiume africano, una femmina o un maschio, di età imprecisata, ha fatto pressione sulla terra con un legnetto, poi con il tempo trasformato in utensile, ricavandone un segno fisico.

Lasciamo stare per il momento il significato simbolico dell’atto, dimentichiamo l’aspetto artistico con finalità collettive o funzionali per la divisione degli spazi; concentriamoci sullo stupore e il piacere che l’azione può aver scatenato nella nostra antenata o antenato. L’idea del toccare, premere, mischiare gli elementi è successiva all’azione già compiuta, è figlia dell’esperienza acquisita.

Io mi riferisco alle “prime volte”, a quei gesti “vergini” che l’essere umano ha compiuto, compie e continuerà a compiere. Prendete una bambina o un bambino sotto i due anni, un bicchiere d’acqua e un pennello. Prendete un muro, l’asfalto, un pezzo di prato. Tenterà di mischiare gli elementi.

Siamo creature curiose e ingegnose: le nostre mani, da sempre, vogliono muoversi. Quando siamo costretti o limitati, situazioni che si verificano spesso nelle nostre quotidianità, diventiamo teste di coccio, ribelli testoni che vogliono soddisfare istinti ancestrali. Le nostre figlie e i nostri figli non sfuggono da queste candide logiche se non per acquisita rassegnazione o abitudine ad altro.

Dietro una piccola o grande femmina testarda, come dietro ad un piccolo o grande maschio testardo,  vi è la storia dell’umanità fatta di sabbia, terra, acqua, sole e memoria delle abilità (“La conoscenza è reminiscenza”, sosteneva Platone!).

E allora immagino mio figlio come se fosse il figlio degli antenati, le cui vite spesso ho letto ricostruite sui libri o immaginate grazie alle pitture di certe caverne francesi: cos’è cambiato? Sono uguali le “prime volte”? Credo di sì, sono molto testarda in questa mia convinzione. Di coccio, per l’esattezza!

photo credit: Sara Mastronicola

Author

All'anagrafe sono mamma da settembre 2012 ma mi sento una mamma-donna-acrobata da sempre, in fondo ho "tirato su" i miei gatti da sola. Sono una ex studentessa pavese in Scienze dei Beni Culturali e milanese in Archeologia (infatti cammino guardando per terra come gli anziani). Disordinata cronica e facile alla noia, sempre capace di grandi slanci e ironia, possiedo un pessimo gusto nel vestire. Vegetariana da forse 15 anni, vivo in questo mondo come posso e, a volte, mi riesce anche bene.

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