Ho appena finito di leggere un libro che ho trovato bellissimo. Si intitola LA PORTA è di Magda Szabò (Einaudi). Non sto a raccontarvi tutta la storia, vi dico solo che narra del rapporto tra due donne: una scrittrice e la sua colf che si legheranno tra di loro con un rapporto molto particolare. Vorrei prendere spunto da un concetto che mi ha fatto molto riflettere (si trova a pag. 150). Dice la scrittrice riferendosi alla sua cameriera:
Emerenc era generosa, caritatevole, buona, onorava Dio con le sue azioni pur negandone l’esistenza, Emerenc era disposta al sacrificio, a lei riusciva spontaneo tutto ciò che io dovevo impormi con un certo sforzo e non importava che agisse inconsapevolmente, la bontà di Emerenc era naturale, io invece mi ero educata ad esserlo, mi ero obbligata col passare del tempo a rispettare alcune norme etiche.
Ecco mi ha fatto riflettere questa differenza che l’autrice fa tra la bontà spontanea e la bontà imparata quasi auto-imposta.
Ma secondo voi esiste questa differenza? E’ possibile auto-imporsi di essere buoni?
Ho passato un po’ di tempo con la mente su questo pensiero e sono arrivata alla conclusione che sì, questa differenza esiste. Anzi oserei dire che sono più numerose le persone che sono buone e gentili perché hanno imparato ad esserlo rispetto a quelle che lo sono per natura.
Però mi sono anche detta che non può esistere una BONTA’ più buona ed una meno buona. Importante è essere buoni e se lo siamo perché ce lo hanno insegnato i nostri genitori o perché ci sforziamo di esserlo non per questo le nostre azioni sono meno lodevoli di quelle di chi riesce ad essere buono con naturalezza.
Nota assolutamente personale: io ho avuto il privilegio di conoscere ed avere come amica una persona la cui bontà era assolutamente parte del suo dna. Si chiamava Ornella.
photo credit: Alexandra Guerson via photopin cc
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