SEPARAZIONE E AFFIDAMENTO FIGLI – La fine di una storia non è mai un momento facile, soprattutto quando ci sono dei figli e le scelte di una coppia hanno ripercussioni sulla loro vita, sul loro equilibrio e il loro futuro. Proprio per questo, in caso di separazione o divorzio, il loro affidamento è una questione estremamente delicata, da valutare attentamente, mettendo l’interesse di bambini e ragazzi al primo posto.
Ma cosa dice la legge riguardo all’affidamento dei figli?
La legge 8 febbraio 2006 n. 54 ha introdotto una serie di novità in tema. La regola generale è quella dell’affidamento condiviso: i figli vengono affidati ad entrambi i genitori, i quali continuano ad esercitare la potestà e a condividere le responsabilità educative verso di loro, nonostante la separazione.
Di conseguenza, anche dopo la separazione, entrambi i genitori si occupano dei figli, con la possibilità di essere presenti nella loro vita con una maggiore intensità rispetto al passato, laddove era previsto che i bambini venissero affidati ad un solo genitore.
La legge entrata in vigore nel marzo 2006, modificando alcuni articoli del Codice Civile e aggiungendone altri, ha infatti introdotto i principi di bigenitorialità, di affidamento condiviso e di condivisione.
Vediamo insieme di cosa si tratta nello specifico:
Bigenitorialità
Per i genitori che intendono separarsi, viene fornito un modello comportamentale nuovo nel loro rapporto con i figli: entrambi devono condividere le responsabilità educative verso i bambini ed entrambi sono un valido punto di riferimento, senza che un genitore prevarichi o escluda l’altro.
Affidamento condiviso
Regola l’esercizio della potestà genitoriale, nel caso di separazione/divorzio, che richiede completa cooperazione fra i genitori. L’affidamento condiviso, in caso di conflitto, suddivide in modo equilibrato le responsabilità specifiche e la permanenza presso ciascun genitore, mantenendo inalterata la genitorialità di entrambi e tutelando quindi la relazione genitoriale con i figli.
È bene comunque precisare, che la “raccomandazione” legislativa che i figli continuino ad avere con entrambi i genitori un rapporto equilibrato e continuativo, non implica necessariamente che essi, dal momento della separazione in poi, dovranno vivere con entrambi i genitori, a giorni o settimane alterne, in ugual misura.
Sarà il giudice che, valutate tutte le circostanze del caso concreto, stabilirà tempi e modalità di permanenza dei figli presso ciascun genitore, tenendo comunque sempre ben presente che i figli hanno l’esigenza di una propria stabile collocazione: proprio per questo motivo, anche in base alla nuova normativa, il giudice necessariamente dovrà indicare il genitore collocatario che dividerà con i figli, anche dopo la separazione, la casa adibita a residenza di famiglia.
In altre parole viene sempre individuato il genitore “di riferimento”, presso il quale dovranno vivere i figli, senza che ciò leda i principi e le regole comportamentali previste dall’affidamento condiviso.
Va chiarito che resta ferma in ogni caso la possibilità per il giudice, nonostante la nuova normativa, la facoltà di affidare i figli ad un solo genitore. Infatti l’art. 155 bis c.c. prevede che “il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad un solo genitore quando ritenga che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”.
Si tratta naturalmente di una misura eccezionale, che potrà essere disposta in tutti quei casi in cui l’affidamento ad un solo genitore si presenti come l’unica soluzione possibile, tenuto conto delle condizioni oggettivamente difficili in cui versa l’altro o dei pessimi rapporti che corrono tra lui ed il figlio.
Quali le differenze rispetto al passato?
Con la precedente normativa, pur non essendo previsto alcun criterio di priorità circa l’affidamento, l’ipotesi più diffusa era quella dell’affidamento esclusivo alla madre. Ciò non escludeva che in linea di principio il Giudice potesse far ricorso all’istituto dell’affido condiviso, anche se nella pratica l’affidamento esclusivo era la soluzione maggiormente adottata.
Oggi con la nuova normativa i papà sono maggiormente coinvolti nella condivisione delle scelte che riguardano i propri bambini.
Sicuramente sia il nuovo che il vecchio testo della legge hanno e avevano come punto di riferimento preminente l’interesse morale e materiale dei figli.
La nuova norma tutela sia l’interesse affettivo dei genitori sia l’interesse dei figli. In linea teorica, prima della riforma non esisteva di per sé un genitore più idoneo ad ottenere l’affidamento di un figlio (quasi sempre la madre), con la nuova legge, si è stabilita la idoneità di entrambi i genitori a proseguire nei propri compiti di genitore “a tempo pieno”.
Come si può stabilire questo tipo di affidamento?
Il giudice può farlo in due modi:
- l’affidamento a residenza alternata, caratterizzato dal fatto che il bambino alterna periodi di convivenza presso l’uno e l’altro genitore o sono gli stessi genitori ad alternarsi nella casa dove i figli abitano stabilmente.
- l’affidamento a residenza privilegiata, il quale prevede che il bambino risieda prevalentemente presso l’abitazione del genitore ritenuto più idoneo.
Nella scelta verrà sicuramente preso in considerazione l’interesse del bambino a continuare a vivere nell’ambiente dove ha vissuto prima del la separazione dei genitori e questo ovviamente per ridurre il più possibile traumi.
La potestà spetta ad entrambi i genitori mentre in passato spettava esclusivamente al genitore al quale erano affidati i figli.
Il diritto/dovere di mantenere, istruire, educare la prole spetta ad entrambi i genitori i quali possono adottare liberamente le decisioni ritenute più opportune per il minore, durante il periodo in cui quest’ultimo coabita con il genitore.
Ciò significa che nel periodo in cui il minore risiedere presso un genitore, sarà quest’ultimo ad adottare tutte le decisioni di “ordinaria amministrazione”, mentre per tutte quelle decisioni di maggiore importanza sarà necessario l’intervento di entrambi i genitori.
Questo tipo di affidamento presuppone ovviamente che tra i genitori esista uno spirito collaborativo ed un senso di responsabilità che troppo spesso risulta essere carente nella pratica.
Fonti : art. 155 c.c., art. 155 bis c.c., Legge 898/1970, Legge 8 febbraio 2006 n. 54, Foro Italiano, Pluris Cedam Utet
photo credit: jonathancohen via photopin cc
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