La procreazione assistita è stata oggetto negli anni di un articolato dibattito, in particolare relativo all’uso di alcune tecniche, come la fecondazione eterologa, la clonazione, la commercializzazione di embrioni, la maternità surrogata, la produzione di embrioni a fini di ricerca o di sperimentazione.
A distanza di 10 anni dall’emanazione della legge n.40 del 9 aprile 2014 che ha vietato tali pratiche, è ancora molto forte la contrapposizione tra favorevoli e contrari. Oggi, alla luce della nuova dichiarazione di incostituzionalità del 9 aprile 2014, le cose sembrano destinate a cambiare.
La legge n. 40 definisce la procreazione assistita come l’insieme degli artifici medico-chirurgici finalizzati al «favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall’infertilità umana, qualora non vi siano altri metodi efficaci per rimuovere le cause di sterilità o di infertilità».
Da notare l’ambiguità della definizione e ciò probabilmente per la finalità di comprendere metodiche innovative di là dal venire ma, proprio questa ambiguità, comporta conseguenze importanti, come per esempio il permettere di usufruire della copertura relativa da parte del Servizio Sanitario Nazionale.
È previsto che lo Stato promuova «ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e dell’infertilità» e favorisca «gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurne l’incidenza», ma nel rispetto di «tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito».
Alle tecniche di procreazione assistita possono accedere «coppie maggiorenni coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi».
Vietato il ricorso a tecniche di fecondazione eterologa. Vietata l’eugenetica. L’articolo 14 vieta la crioconservazione degli embrioni, per ridurre il soprannumero di embrioni creato in corso di procreazione assistita. La crioconservazione è però consentita per temporanea e documentata causa di forza maggiore, non prevedibile al momento della fecondazione (tale articolo è stato parzialmente dichiarato incostituzionale da una Sentenza della Corte Costituzionale).
Ma vediamo insieme in quale modo, si sono pronunciate nel corso degli anni, le varie corti:
- il Tribunale Cagliari il 29 giugno 2004 ha dichiarato l’accesso all’interruzione di gravidanza a seguito di gravidanza ottenuta con tecniche di procreazione medicalmente assistita laddove vi siano rischi clinici per la salute della madre e dei nascituri, ricorrendo i requisiti per ottenere l’interruzione di gravidanza per la tutela della salute. Si è reso possibile la riduzione embrionaria per gravidanze trigemine. Nel 2007 ha autorizzato la diagnosi preimpianto nel settore pubblico.
- il TAR Lazio, con sentenza 398/08 ha dichiarato illegittimo il divieto di diagnosi preimpianto previsto dalle Linee Guida Ministeriali (D.M 21.7.2004) a meno che tale tecnica non avesse carattere sperimentale ovvero specifica finalità eugenetica (rivolta alla selezione razziale).
- la Corte Costituzionale con la sentenza n. 151/2009 ha dichiarato la parziale incostituzionalità dei commi 2-3 dell’art. 14 della legge 40/2004. Laddove si prevede un limite di produzione di embrioni “comunque non superiore a tre” e laddove prevede l’obbligo di “un unico e contemporaneo impianto”. Oggi, quindi, vi è la possibilità di impiantare più di tre embrioni e in momenti diversi laddove i primi tentativi non vadano a buon fine. Il limite della produzione di embrioni in numero non superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, e comunque non superiore a tre è stato pertanto abrogato. Il comma 3, che prevede di poter crioconservare gli embrioni “qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione”, è stato dichiarato illegittimo nella parte in cui non prevede che il trasferimento di tali embrioni, “da realizzare non appena possibile”, debba essere effettuato anche senza pregiudizio per la salute della donna.
- il 9 gennaio 2010 il Tribunale di Salerno ha ordinato l’esecuzione della Diagnosi Genetica Preimpianto e il trasferimento in utero degli embrioni che non presentino mutazioni genetiche. Per la prima volta viene riconosciuto alla coppia non sterile in senso tecnico la possibilità di accedere alla Procreazione Medicalmente Assistita in deroga a quanto previsto dalla legge.
- il 28 agosto 2012 la Corte Europea dei Diritti Umani ha bocciato la legge 40 sull’impossibilità per una coppia fertile, ma portatrice di una malattia genetica, di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni. Il Governo Italiano il 28/11/2012 ha chiesto il riesame della sentenza presso la Grande Chambre. L’11 febbraio 2013 il ricorso del governo è stato bocciato dalla corte.
- con ordinanza del novembre 2012, il Tribunale di Cagliari ha imposto all’azienda sanitaria locale di eseguire la diagnosi preimpianto per una coppia portatrice di malattie genetiche.
- a gennaio 2014 davanti alla Corte Costituzionale viene sollevato nuovo dubbio di costituzionalità sulla legge 40, dopo che il tribunale di Roma aveva messo in dubbio il divieto per le coppie fertili di accedere alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto, anche se portatrici di malattie trasmissibili geneticamente. È la prima volta che questa specifica questione arriva alla Consulta. In passato se ne era occupata invece la Corte europea di Strasburgo che nel 2012 aveva condannato l’Italia per violazione di due norme della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
- il 9 aprile 2014 la Consulta ha stabilito che il divieto di fecondazione eterologa nella legge 40 è incostituzionale. Ora anche le coppie sterili potranno accedere alla fecondazione assistita.
Con questa nuova sentenza, si ridisegna quindi la legge 40, modificandola in una sua parte essenziale rispetto alla formulazione originaria del 2004.
Nelle motivazioni della sentenza si legge che il ricorso all’eterologa è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci nel rimuovere le cause di infertilità o sterilità e sia accertato il carattere assoluto delle stesse. Queste circostanze devono essere documentate e certificate da atto medico.
Da questo momento, quindi, sarà possibile ricorrere a donatori di ovociti e spermatozoi quando uno dei due partner è sterile/non fertile. Lecita l’ovodonazione e qualsiasi uomo fertile potrà donare il proprio seme.
Per quanto riguarda lo stato giuridico del neonato ed i rapporti con i genitori, anch’essi sono già regolamentati dalla stessa legge 40. Resta in piedi l’inammissibilità’ dell’azione di disconoscimento della paternità, nonché il principio secondo cui la nascita da fecondazione eterologa non da’ luogo all’istituzione di relazioni giuridiche parentali tra il donatore di gameti ed il nato.
La Corte ritiene desumibile la regolamentazione di questo tipo di fecondazione dalla disciplina concernente, in linea generale, la donazione di tessuti e cellule umani, in quanto espressiva di principi generali della “gratuità e volontarietà della donazione”, riguardi alle “modalità del consenso”, “l’anonimato del donatore”, fino alle “esigenze di tutela sotto il profilo sanitario” (decreto legislativo 191/2007 in attuazione delle direttive UE).
In relazione al numero delle donazioni è possibile un aggiornamento delle linee guida del Ministero della Salute eventualmente anche alla luce delle discipline stabilite in altri Paesi europei (quali, ad esempio, la Francia e il Regno Unito), ma tenendo conto dell’esigenza di consentirle entro un limite ragionevolmente ridotto.
Tale decisione vale per tutti i cittadini italiani che hanno problemi di sterilità, le coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, ed entrambi viventi.
Con la legge 40 così modificata avranno maggiori chances, maggiori garanzie e maggior tutela coloro che desiderano diventare genitori.
Fonti
Art. 3 Costituzione, Art.32 Costituzione, Legge 194/78, Legge 40/2004, D. Lgs 191/2007, Ordinanza Tribunale Cagliari 29/09/2004, TAR Lazio 398/2008, Sentenza Corte Costituzionale 151/2009, Ordinanza Tribunale di Salerno 09/01/2010, Sentenza Corte Europea dei Diritti Umani 28/08/2012, Foro Italiano Utet Pluris Cedam
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