La notizia è fresca anche se purtroppo non stupisce nemmeno più. I dati emergono dall’ultimo rapporto annuale Istat, reso pubblico in questi giorni, che indaga la situazione del nostro Paese nel 2010. E sono dati che lasciano senza parole non tanto per lo stupore quanto per l’impossibilità di commentare una condizione italiana così catastrofica per le donne e per la famiglia (perchè chi ci rimette davvero è tutta la famiglia, bambini in primis…)

 

800 mila donne nel biennio 2008-2009 sono state licenziate o sono state messe nelle condizioni di dimettersi dopo l’arrivo di un figlio. Fenomeno che ha interessato, per ovvie ragioni, maggiormente le donne più giovani tanto che “si passa infatti dal 6,8% delle donne nate tra il 1944 e il 1953 al 13,1% di quelle nate dopo il 1973”.

 

Emergono inoltre altri dati preoccupanti dal rapporto Istat.

 

L’occupazione femminile rimane stabile nel 2010, ma peggiora la qualità del lavoro e rimane la disparità salariale rispetto ai colleghi uomini (-20%).


Un fattore di peggioramento è dato dalla crescita del part time (+104 mila unita’ rispetto a un anno prima), ”quasi interamente involontaria e concentrata nei comparti di attivita’ tradizionali” (commercio, ristorazione, servizi alle famiglie e alla persona) che presentano orari di lavoro poco adatti alla conciliazione con i tempi di vita. Permane inoltre tra le donne una maggiore diffusione del lavoro temporaneo: 14,3% contro il 9,3% degli uomini.

 

Un ulteriore aspetto della qualità del lavoro concerne la disparità salariale di genere, che rimane notevole nel 2010. Infatti, la retribuzione netta mensile delle lavoratrici dipendenti e’ in media di 1.077 euro contro i 1.377 euro dei colleghi uomini, in termini relativi circa il 20 per cento in meno. Il divario si dimezza considerando i soli impieghi a tempo pieno (rispettivamente, 1.257 e 1.411 euro).

 

Qualche mese fa il Ministro del Welfare Sacconi aveva ottenuto la firma di un accordo sulla conciliazione dei tempi lavoro e famiglia e l’avvio di un tavolo tecnico (ne avevamo dato notizia QUI) che se nella pratica si rivelasse così come sulla carta potrebbe forse lasciare qualche speranza almeno per il prossimo rapporto Istat.

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