In questi giorni il Ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha presentato alle parti sociali la bozza delle linee guida per la conciliazione famiglia e lavoro che potrebbe, una volta ottenuta l’approvazione, diventare effettiva già dal 7 marzo prossimo.
Questione di giorni quindi per capire se finalmente potremo godere di un welfare più attento alle esigenze delle mamme e dei papà, ma soprattutto, ricordiamocelo, più vicino alle esigenze dei bambini, coloro i cui diritti dovrebbero venire sempre prima di tutto il resto e che sarebbero i veri beneficiari di queste misure.
Ma quali sono le proposte che il ministro Sacconi ha presentato all’interno della sua proposta?

 

Telelavoro, maggiori forme di flessibilità oraria per entrambi i genitori lavoratori nei primi tre anni di vita del bambino, possibilità di trasformare temporaneamente il proprio rapporto di lavoro da full-time a part-time nei primi cinque anni di vita dei propri figli, misure fiscali di detassazione (con un’aliquota al 10%) sul salario di produttività in riferimento alle somme erogate dal datore di lavoro.

Nella bozza Sacconi sono previsti orari flessibili anche per assistere genitori e familiari (semestralmente o annualmente), purché si rispettino gli impegni contrattuali.
Oltre a questo, sarebbero promossi i permessi non retribuiti al dipendente in caso di malattia del figlio entro i primi otto anni di vita e buoni lavoro (da parte del datore di lavoro) ai dipendenti per lo svolgimento di prestazioni di lavoro occasionale, per aiutare economicamente chi non può assentarsi dal lavoro e così non può prendersi cura di casa e famiglia, dovendo affidarsi a baby-sitter e colf.
Tutte misure studiate per ottenere una migliore conciliazione fra i tempi del lavoro e quelli della famiglia che nel nostro Paese è ancora ad oggi un vero miraggio.

In un’intervista, pubblicata in questi giorni su Il Corriere della Sera, a Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat, vengono ribaditi alcuni dati importanti che è bene non dimenticare: l’Italia ha il tasso di occupazione femminile più basso di Europa (fatta eccezione per Malta), percentuale che crolla drasticamente dopo la nascita del primo figlio e inoltre sulle donne ricade il 76% di lavoro familiare.
Forse è davvero il caso che si cerchi di arrivare ad una conciliazione dei tempi lavoro e famiglia più equilibrata tra uomini e donne e maggiormente a favore della famiglia e dei bambini.

In attesa di capire se la proposta Sacconi otterrà l’approvazione, sarebbe interessante raccogliere le vostre esperienze su quelle che sono le misure proposte dal Ministro del Welfare che già alcune aziende illuminate (qui una testimonianza) incentivano e concedono ai propri dipendenti.
Se volete lasciate qui nei commenti una vostra testimonianza oppure diteci quale sarebbe per voi e la vostra famiglia una misura davvero conciliante.

 

AGGIORNAMENTO

Ieri, 7 marzo, è stata firmata dalle parti sociali la bozza di accordo sulla conciliazione dei tempi lavoro e famiglia presentata dal Ministro Sacconi, che si è detto “molto soddisfatto del risultato raggiunto”. La preintesa è stata siglata “da tutti – ha sottolineato il ministro – anche dal forum delle famiglie che era stato invitato al tavolo”.

Ora il prossimo passo sarà avviare un lavoro comune in un tavolo tecnico che si articolerà in due fasi: la prima che dovrà concludersi in 90 giorni per verificare la possibilità di adottare le buone pratiche e la seconda che durerà invece 12 mesi. Entro un anno dalla conclusione dei lavori di questo tavolo tecnico le parti firmatarie dovranno poi verificare la diffusione delle buone prassi.

Ora non ci resta davvero che sperare che sia decisamente la volta buona!!

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7 Comments

  1. ciao, io lavoro in un’azienda piccola, non si deve timbrare il cartellino, se ho bisogno di assentarmi per portare mia figlia dal pediatra o perchè mi chiamano dall’asilo lo faccio senza grossi problemi, in questo senso c’è molta flessibilità ma basata su una logica di buon senso più che altro. Il part time invece è qualcosa che non viene nemmeno preso in considerazione, proprio una formula che in quel posto non potrebbe esistere (per volere del datore di lavoro non certo perchè noi dipendenti non lo vorremmo). A forza stiamo lottando per farci riconoscere una forma di remote working almeno legata a deteminti periodi (mesi estivi, post maternità, chiusura delle scuole, etc…)
    Diciamo che per alcuni versi mi sento fortunata, per altri capisco che c’è davvero ancora molta strada da fare e una mentalità da cambiare….

    • Lauracrobata

      onestamente io credo che per certi lavori il part time non sia proprio possibile ma sarebbe assolutamente contemplabile sia il remote working che la flessibilità. Io sono convinta…è un problema di mentalità!!

  2. Flessibilità

    Io credo che se i datori di lavoro comprendessero che le donne sono risorse preziose e serie, in grado di lavorare anche da casa, in grado di organizzarsi in maniera sensata il lavoro, tutto sarebbe conciliabile. Ma la maggior parte dei datori di lavoro pretende la presenza fissa, con la pausa imposta, gli orari rigidi e la giornata lunga e se non c’è un aiuto da parte della famiglia la donna finisce con il dover abbandonare l’idea del lavoro, o quella di dedicarsi ai propri figli. Cose, entrambe, riprovevoli…

    • PURTOPPO SONO CONVINTA CHE LA DONNA SIANO OBBLIGATE A SCEGLIERE: O IL LAVORO O LA FAMIGLIA! A MENO CHE NON SI HA UN IMPIEGO STATALE O PARASTATALE, O ALMENO UNA PROPRIA ATTIVITA’, PUTROPPO NEL PRIVATO NON SI PUO’ LAVORARE! TUTTI PRETENDONO E PRETENDONO TROPPO!!! QUESTO E’ UNO DEI MOTIVI PER CUI O SI FANNO I FIGLI TARDI O NON SI FANNO AFFATTO!!! MA CHE TRISTEZZA!!!

    • Assolutamente concorde con te. E’ per questa miopia del mio datore di lavoro, dopo 10 anni di “onorata” carriera in quella azienda mi sono dimessa per stare vicino a mio figlio. Alla fine la sua miopia ha preferito perdere una collaboratrice su cui a suo dire contava molto, piuttosto che mantenere per un periodo una collaborazione ad orari flessibili. Che tristezza!!! Io però sono contenta di godermi mio figlio :))))

  3. Tornare al lavoro dopo un figloi signfica trovare un altro ambiente, almeno nel mio caso e’ stato cosi.
    Il part time fine al terzo anno del bambino dovrebbe passare come legge e non come scelta facoltativa da parte del datore, qualsiasi numero di dipendenti abbia.
    Risultato dimissioni. “Noi non ti avremmo mai mandata via, sei tu che te ne sei andata” l

  4. Salve,lavorando in due ci è difficile stare tutta la famiglia insieme nelle ore pomeridiane,riusciamo ad incontrarci soltanto la sera per poco tempo poi si và a letto.Esiste una formula che permette di iniziare l’orario di lavoro due ore dopo recuperando alla fine? Sono un autoferrotranviere officina.
    Grazie