Congedo obbligatorio per i neopapà: è questo l’argomento del disegno di legge che la Camera ha cominciato a discutere mercoledì scorso. Ce la farà anche il nostro bel Paese ad allinearsi ai principali paesi europei? Attualmente in Italia il congedo facoltativo è ancora una rarità visto che lo chiede meno del quattro per cento dei padri.
Non è che si stia poi chiedendo la luna ma solo il diritto (e non una possibilità) di seguire il proprio figlio nei primissimi giorni di vita. La richiesta infatti è quella di poter avere 4 giorni di congedo a ridosso del parto non facoltativo ma obbligatorio, come quello che impone alla mamma di non lavorare per i cinque mesi a cavallo del parto. E retribuito: a carico delle aziende per i lavoratori dipendenti e del sistema previdenziale per gli autonomi.
Questi quattro giorni avrebbero chiaramente prima di tutto un valore simbolico. E sarebbero solo il primo passo di un percorso ben più lungo. «Il vero obiettivo – spiega Barbara Saltamartini, autrice del testo Pdl – è passare dalle pari opportunità alle pari responsabilità. E quindi pensare non alla tutela delle donne, ma ad un sistema che consenta alla famiglia di organizzarsi». Prima della sua proposta era già stata depositata anche quella del Pd, scritta da Alessia Mosca.
Questa la situazione nel resto d’Europa.
“Vince” di gran lunga la Svezia con 30 giorni di congedo garantiti ai neo-papà con la possibilità di suddividerli anche in 4 periodi distinti nell’arco del primo anno di vita del bambino.
Medaglia d’argento per la Francia con 11 giorni chiesti da ben il 73% dei padri tra i 30 e i 34 anni.
In Spagna un neo papà ha diritto a stare a casa dal lavoro, retribuito, per quattro giorni. Ma possono anche beneficiare di altri trenta giorni facoltativi.
Gran Bretagna, Germania e Portogallo obbligano ad astenersi per 3 giorni.
E in Italia cosa spetta ai papà?
Il congedo di paternità è disciplinato dall’articolo 28 del “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità” (Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151). L’articolo 28 riconosce al padre dopo la nascita del bambino il diritto di astenersi dal lavoro al posto della madre, usufruendo del congedo di paternità e della relativa indennità pari all’80% della retribuzione nei casi di:
1. morte o grave infermità della madre;
2. abbandono del bambino da parte della madre;
3. affidamento esclusivo al padre.
In caso di abbandono avvenuto durante i tre mesi successivi al parto, la madre perde il diritto al congedo di maternità dal momento dell’abbandono stesso; l’eventuale residuo periodo di astensione obbligatoria può essere riconosciuto al padre, dietro presentazione al datore di lavoro di idonea certificazione che attesti la situazione.
Il congedo di paternità è finalizzato a garantire al neonato l’assistenza materiale ed affettiva di un genitore.
In caso di fruizione del congedo di paternità, il divieto di licenziamento si applica anche al padre per la durata del congedo stesso e fino al compimento di un anno di età del bambino. Il divieto di licenziamento si applica altresì al padre adottante o affidatario fino a un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. Il congedo può essere utilizzato per intero o per frazioni di tempo. Non è stabilita una durata minima, ma è necessaria l’alternanza tra congedo e ripresa dell’attività lavorativa. Si possono utilizzare i congedi anche un giorno alla volta, stabilendo ad esempio che non si lavorerà per un giorno alla settimana, fino a raggiungere il tetto massimo al quale si ha diritto. Il datore di lavoro deve comunque essere sempre avvisato, anche se si resterà a casa solo per uno o due giorni. Durante l’astensione facoltativa i giorni di ferie non maturano. E’ possibile però, limitatamente al primo anno di vita del figlio, godere di periodi di congedo parentale e, al rientro dal lavoro, dei riposi giornalieri.
Il padre può inoltre usufruire di un periodo di 6 mesi di astensione facoltativa anche contemporaneamente alla madre nei primi otto anni di vita del bambino. L’astensione non deve superare comunque i dieci mesi complessivi. Il diritto di astenersi dal lavoro compete anche se l’altro genitore non ne ha diritto.
Se il padre si astiene dal lavoro per più di tre mesi, il limite di astensione complessiva diventa di undici mesi e il limite del padre passa da sei a sette mesi.
Se il padre é l’unico genitore, il diritto di astenersi dal lavoro compete per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a dieci mesi
Infine, al padre spetta anche la possibilità di usufruire dei riposi giornalieri. Il riposo giornaliero costituisce un’ulteriore agevolazione (articolo 39 e seguenti del Testo Unico) riconosciuta alla lavoratrice madre e in alternativa al padre.
I riposi giornalieri possono essere estesi anche al lavoratore padre nel caso in cui i figli gli siano affidati in via esclusiva o in caso di morte o grave infermità della madre.
I riposi giornalieri possono inoltre essere concessi al lavoratore padre in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga oppure nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente.
Va ricordato che in caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre.
6 Comments
mio marito è libero professionista ma mi auguro che i lavoratori dipendenti possano avere questa possibilità. è assurdo che anche il giorno del parto, un papà, se vuol stare con moglie e figlio, deve prendere un permesso o delle ferie…
teneteci aggiornate!
Questa proposta contempla anche per i lavoratori autonomi come nel caso di tuo marito. Per loro i 4 giorni di congedo obbligatorio saranno retribuiti dal sistema previdenziale. Sempre che questo disegno di legge passi… Noi ce lo auguriamo perchè sarebbe un primo passo doveroso verso una più giusta distribuzione dei doveri e diritti verso la famiglia.
Ciao e grazie per il tuo commento!
Vorrei solo raccontarvi che vivo in Colombia e qui esiste una legge chiamata ¨Ley Maria¨ che permette a tutti i padri iscritti in una EPS (diciamo la mutua) di restare 4 giorni a casa dopo la nascita del proprio bambino ed in caso madre e padre facciano parte della stessa EPS i giorni diventano 8. La EPS paga i giorni di assenza dal lavoro del neopapá! Qui chiaramente ci sono mille altri problemi da risolvere, come ad esempio che la maternitá inizia lo stesso giorno in cui nasce il bambino e dura solo tre mesi o meglio 84 giorni. Peró almeno i papá restano a casa qulache giorno!
beh 84 giorni in effetti sono un po’ pochi…un bacione
…mamma di 2, terzo in arrivo, mi ritengo una mamma acrobata per definizione (lavoro+casa+bimbi). Qui in Svizzera abbiamo il congedo per il papà obbligatorio per 5 giorni, pagati al 100%.. ma dai .. non è mica quello che cambia la vita di una neomamma !!
Il papà delle mie bimbe è molto presente, lavoro permettendo, ma non sono 5 giorni a casa che mi hanno cambiato la vita ! E’ il suo aiuto quotidiano con le bimbe che mi cambia la vita !
ps: senza arrivare fino in Colombia..per quanto riguarda la maternità: la legge qui è cambiata nel 2005, ma quando ho avuto la mia prima figlia (inizio 2005) il congedo per la neomamma era di 8 settimane! Dicasi otto settimane (attenzione, non sono due mesi, erano 56 giorni!!)! ora siamo passati a 16 settimane, di cui 14 pagate (all’80%) il resto a casa a stipendio zero!
Sono in attesa del secondo figlio. Alla nascita della prima figlia mio marito era un libero professionista, ora è lavoratore dipendente.
Per la prima figlia, mio marito aveva rivisto i suoi impegni ed è stato decisamente presente sopratutto durante il primo mese di vita della nostra bambina.
Ora essendo dipendente ci eravamo illusi che potesse usufruire del congedo di paternità previsto per legge (almeno 1 o 2 mesi) per dedicarsi ai bambini a tempo pieno e vivere l’esperienza di padre a tutto tondo.
Purtroppo ci siamo accorti che i datori di lavoro gli creerebbero seri problemi al suo rientro (dal confinarlo a fare fotocopie allo spedirlo a lavorare lontano da casa) se dovesse effettivamente usufruire di questo diritto.
I 4 gioni di congedo per il parto sarebbero ottimi, ma quello che serve in Italia è soprattutto un cambio di mentalità e un’incremento dei servizi per la famiglia al termine del congedo di maternità.
In un convegno a cui avevo partecipato tempo fa, una sindacalista diceva che in Italia si è scelto di attuare un patto sociale sulla maternità (la legge per il congedo di maternità è ottima), ma non sulla famiglia: infatti i congedi di paternità sono poco richiesti e i servizi come i nidi, gli asili, il tempo pieno nelle scuole primarie, il part-time o telelavoro per madri e PADRI sono spesso delle chimere.
Come al solito il mito della mamma italiana persiste a scapito della famiglia, lasciando il padre come una figura sbiadita sullo sfondo che riesce suo malgrado ha essere presente solo nei fine settimana.
Scusate lo sfogo decisamente prolisso, ma sono decisamente arrabbiata per quest’impossibilità di modificare la situazione.
A presto
Cristina :Pirate: