Parolacce

Questo è un invito alla nostra psicologa a darci indicazioni su come affrontare con i piccoli la delicata questione delle parolacce. Mio nipote – per il momento – dice parole sconvenienti (devo fare per forza qualche esempio: cacca – scorreggia, etc…) e soprattutto le usa quando proprio non hanno senso anche perchè spesso sentite da altri che, a loro volta, le usano a sproposito. Usate quasi per insultare qualche altro bambino. L’altro giorno ha detto : “Hai l’alito di scorreggia” e la cosa tragica è che dietro mia sollecitazione non ha saputo dirmi cosa significa ALITO!! O forse dovrei esserne sollevata…

 

 

Sicuramente sono cose che i nostri bambini sentono e capiscono benissimo che farne uso non è bello ma in qualche modo questo li fa sentire grandi e importanti.
Certo il primo pensiero che mi viene è, ancora una volta, di chiedere a noi adulti di aiutare questi bambini a diventare adulti migliori, magari eliminando dal nostro vocabolario (almeno in loro presenza) qualche termine del tutto superfluo.
A Irene, la nostra psicologa, chiedo: come affrontare queste situazioni?
E voi, amiche, come le affrontate?

 

 

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6 Comments

  1. Maya Azzarà

    Premetto che non sono nè una psicologa nè un’esperta ma solo una mamma.
    Le racconto come abbiamo risolto la questione nella nostra famiglia.

    Purtroppo anche a noi adulti qualche volta le parolacce "scappano". Non sono un intercalare, questo no, però ogni tanto qualcuna capita. Non so neppure fino a che punto sia giusto che ci si "trattenga" sempre davanti ai figli, mi sembrerebbe un pò di falsare ciò che sono…questo potrebbe dircelo la nostra esperta psicologa!
    Ad ogni modo, le racconto questo aneddoto.
    Quando la mia promogenita aveva 3 anni, durante una passeggiata, conclude una frase con "caxxo" 😮
    Io e mio marito, sbigottiti, le diciamo subito che "Le parolacce Non si dicono!"
    Lei risponde "Ma voi le dite!" e prontamente replico "Si, ma noi grandi a volte sbagliamo"
    e lei ribatte
    "E allora sbaglio anche io".
    Touchè!

    A quel punto abbiamo deciso di "concedere" l’uso di alcune parolacce, accordandoci con lei. Come prima cosa le abbiamo detto davanti a CHI si possono dire (mamma e papà e stop) e davanti a chi NON si possono dire (nonni, amici, parenti, asilo, compagni, estranei, etc).
    Poi le è stato spiegato il CONTESTO in cui si possono utilizzare (se si è molto arrabbiati, etc e non a casaccio o come intercalare) ed infine sono state scelte 2/3 parolacce che le era consentito dire.
    Quindi: con chi dirle e con chi no, quando e perchè, quali.

    Risultato: ogni tanto la sentivo giocare in camera da sola e, quando qualcosa non le riusciva, farfugliare un "Fanculo!"…certo, nonna Maria, non è un metodo ortodosso! però il problema è stato arginato e direi anche risolto perchè in questo modo noi genitori abbiamo ottenuto il "controllo" delle parole sconvenienti e soprattutto le parolacce non le sono state negate ma contestualizzate (dal momento che anche se non le sentisse da noi le sentirebbe da qualcun’altro).
    Le devo anche dire che lo stesso metodo è stato usato con la seconda figlia (coetanea di suo nipote). E’ bastata la spiegazione una volta sola, alla sua prima "parolaccia" (chiaramente usata a sproposito!).
    Le dirò di più: nessuna delle mie figlie dice parolacce nonostante in casa ci si moderi ma ogni tanto qualcuna scappi, anche solo in una battuta spiritosa tra me e mio marito.
    Ora aspetto al varco la mia terza figlia e poi le saprò dire se è stata solo fortuna o se è una strategia valida davvero!

    Intanto potrebbe provare con suo nipote, selezionando qualche "parola sconveniente" che gli è concessa dire, spigandogli con che stato d’animo deve usarla e che può dirla solo con persone di confidenza.
    A presto!

  2. dr.ssa Irene Koulouris

    Prima di tutto, come dice la saggia Nonna Maria, bisognerebbe evitare di dire parolacce in casa e possibilmente non far vedere programmi televisivi inadatti all’età (del rapporto bimbi&tv ho già parlato). I bambini tendono ad usare il linguaggio dei genitori. E come riportato da Maya sarebbe incoerente pretendere che il piccolo non ne dica se i genitori sono i primi a lasciarsene scappare!

    Prima o poi comunque se sentiranno e le ripeteranno, magari perchè sentite alla scuola materna dove ne han subito colta la valenza trasgressiva. Come dice la nostra Nonna 2.0 la parolaccia fa sentire “grande”, indipendente e forte.
    La prima cosa è spiegare loro (senza riproverarli) che sono brutte parole, che possono essere offensive e che non vanno dette. Si possono insegnare termini alternativi, magari divertendoci anche noi adulti a inventare e utilizzare degli intercalari o eventualmente degli insulti scherzosi che siano accettabili (accidenti, mannaggia, perdindirindina…).
    Meglio poi non darvi troppo peso (nè ridendo nè arrabbiandosi), per non trasmettere il messaggio che la parolaccia è davvero un’arma potente da bambino grande.
    Il bimbo piccolo che ripete “cacca cacca cacca” (che non è poi così “grave” rispetto ad altre parole ben più “sconvenienti”!) per provocare si può ignorare finchè non si stufa.

    Quando invece la parolaccia è utilizzata in modo consapevole e provocatorio diventa equivalente ad un comportamento sbagliato da correggere, quindi valgono gli stessi provvedimenti disciplinari delle azioni errate (dal time-out alla piccola punizione)

    Se il turpiloquio, in bambini o ragazzi più grandi è una forma di espressione della rabbia consiglierei di insegnare ad esprimersi diversamente, parlando di quanto successo o sfogando le energie in modo più corretto

    A Maya: a mio avviso smettere di utilizzare termini volgari in famiglia o anche fuori non è “falsare” ciò che si è (direi che non “siete” questo ma ben altro), ma cercare di migliorare il proprio modo di esprimersi con finalità educative e non solo. Quella che avete trovato è una soluzione creativa che per voi ha funzionato. Attribuisce però alle parolacce una notevole valenza, visto che diventano regolamentate in modo sofisticato. Diventano un linguaggio potente, segreto e intimo di cui si potrebbe fare a meno in favore di altro

  3. NonnaMaria

    Grazie a entrambe. Certo Maya ti sei inventata un sistema fantasioso che però, come giustamente dice Irene, rischia di dare comunque una certa importanza alla parolaccia. Direi che la cosa più importante è sicuramente quella di essere noi adulti i primi a non dire parole sconvenienti. E’ vero che si possono esprimere concetti e sentimenti senza l’uso del turpiloquio. Vi racconto una cosa del tutto privata. Da quando sono nata – 63 anni fa!! – non ho mai sentito i miei genitori (tuttora viventi e ampiamente sopra i 90 anni) dire una parolaccia! Mai ve lo giuro!!! E mia mamma racconta che quando era bambina per aver detto “oca” a sua mamma è stata rincorsa per un quarto d’ora e una volta “beccata” messa in super castigo.

  4. lauracrobata

    che ancora ringrazio per il prezioso aiuto che ci ha dato…

    Lei sostiene che fino ad una certa età dei bimbi…cioè intoprno ai 4-5 dipende (dipende un po’ dal livello di sviluppo cognitivo dei bimbi) la cosa vada assolutamente ignorata. Il bambino deve percepire che questa cosa non sortisce alcun effetto nel genitore e quindi è “inutile” adottarle. In una fase successiva invece è inevitabile cercare di spiegare che le parolacce sono una cosa fastidiosa per chi le riceve, prendendo una posizione ferma e decisa contro questo genere di linguaggio.

  5. Maya Azzarà

    Nella cernita delle parole che si utilizzano in casa sono presenti: santi numi (che io uso spessissimo), caspiterina, accipicchia, pufferbacco e altri.

    Per scelta educativa della nostra famiglia non abbiamo la televisione in casa per cui viene eliminata una delle principali fonti di volgarità (detta e guardata).

    Ciò nonostante non ritengo realistico “isolare” i bambini dal linguaggio degli adulti: se un parente o un amico di famiglia dice una parolaccia in presenza delle mie figlie trovo che sia meglio che loro sappiano collocare al giusto posto la parolaccia, per quella che è. Nè demonizzandola, nè esaltandola.
    E’ bene che sappiano che esiste e che c’è chi le usa ma che questo non compromette l’affidabilità, la lealtà, l’onestà e altri valori di quella persona.
    Ad esempio ho un fratello diciottenne: dovrei impedirne la frequentazione con le nipoti o dovrei castigarlo quando dice parolacce?

    Al contrario di quello che si potrebbe pensare, concedendo l’uso delle parolacce, le (mie) bambine hanno perso interesse proprio perchè non gli è stata data alcuna importanza una volta spiegatone il significato.

    Allo stesso tempo non si mortificano se sentono qualcuno dirle (se è una cosa brutta perchè lo zio lo dice? perchè è cattivo? brucerà all’inferno?) e non le “imparano a scuola” perchè loro già le conoscono e sanno eventualmente come e quando usarle (non con gli estranei, ad esempio).

    A me sembra che siano gli adulti a dare troppa importanza alle parolacce, probabilmente per il timore di sembrare degli zotici nel momento in cui si dice ad un bambino “ok, le accetto”. Ma è un’arma a doppio taglio perchè, come mi pare tutte sosteniamo, loro colgono questo punto debole e di coseguenza- aggiungo- strumentalizzano le “parole sconvenienti” per altri scopi (provocare, mettere a disagio, etc) diversi da quello di “sfogo personale in casa mia”.

    ps. le parolacce non sono ammesse rivolte alle persone. Se mia figlia mi desse dell’oca la rincorrerei anche io per un quarto d’ora!

  6. Francyacrobata

    Sono una, ahimè, che dice le parolacce. Non sono un intercalare, ma mi scappano e mi scappano spesso. Anche ai miei genitori scappavano, a mio marito scappano. Eppure sono stata una bambina che non diceva parolacce fino all’adolescenza. Da quando mio figlio (2 anni e 4 mesi) parla e ripete, cerco di non dirne affatto, specie davanti a lui. Lui infatti non ne dice. Se non che, qualche tempo fa, mentre stavo uscendo di casa con lui (17 kg) in braccio, la borsa dei cambi, la mia borsetta e l’ombrello, mi son cadute le chiavi di casa e ho detto “Ma Caxxo!!!”. Lui ha iniziato a ripetere divertito “Caxxo caxxo caxxo”. Allora io (lo ammetto un po’ divertita, ma consapevole di dover porre rimedio) gli ho detto: “No amore, questa parola non si dice, la mamma ha sbagliato. Bisogna dire “Porca miseria”!. La sua risposta è stata “Caxxo miseia!!!”, l’ho corretto finchè non ha assimilato.
    Però di tanto in tanto, e a proposito (quando si arrabbia o gli cade una cosa o non riesce in un intento) lui “Caxxo” lo dice ancora per poi correggersi e dire “NO! pocca miseia”. Forse sbaglio ma non mi sembra una cosa così grave. La vedo esattamente come Maya. Una volta contestualizzate e regolate, forse possono essere tollerate. No?