Le parole hanno un grande potere, sono il mezzo attraverso cui comunichiamo e ci informiamo su quello che accade intorno a noi. A volte però non bastano, non da sole, a farci comprendere l’entità di certi fenomeni.

Prendiamo la parola “diritti”, un termine che sentiamo quotidianamente, a cui ci appelliamo per rivendicare quello che ci spetta, ma che ancora in troppi casi resta solo questo, una parola. E basta dare uno sguardo attorno a noi per accorgercene.

Prendiamo ad esempio il diritto al cibo, all’acqua, alla scuola, alla salute: 4 pilastri della società che devono essere garantiti a tutti, ma che nella realtà dei fatti, non lo sono. Guerre, carestie, instabilità di vario genere o contesti culturali degradati, mettono quotidianamente a rischio la loro garanzia in tutto il mondo. Rischi che riguardano soprattutto i bambini, privati delle cose più essenziali come avere un pasto ogni giorno, usufruire di servizi igienici funzionanti, andare a scuola, avere accesso alle cure mediche.

Tutte cose che spesso diamo per scontate, perché sono lì, a portata di mano. Ed è qui che entra in gioco il bisogno di trovare altri mezzi oltre alle parole, mezzi capaci di farci guardare al di là di questa nostra “normalità”.

È proprio in questa direzione che va il progetto di cui vi parliamo oggi, la campagna promossa da ActionAid che, per parlare di diritti, ha scelto uno strumento diverso dal solito, un tipo di linguaggio vicino al mondo dell’infanzia, ma proiettato a quello degli adulti.

Insieme all’illustratore Daniele Bonomo, in arte Gud, ActionAid ha, infatti, realizzato quattro vignette in cui la protagonista, Bizunesh – un personaggio di fantasia ma che potrebbe tranquillamente essere una qualsiasi bambina del Sud del mondo, senza andare troppo lontano dalla realtà – affronta delle situazioni di vita quotidiana che ci fanno riflettere su quella normalità di cui parlavamo.

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Un personaggio inventato, che prende però il nome da una bambina reale, Bizunesh, costretta a camminare molte ore per andare a prendere l’acqua per la sua famiglia, per questo impossibilitata a frequentare la scuola. Una storia che ha particolarmente colpito Gud, una storia che ha avuto un lieto fine. Grazie alla costruzione di un pozzo vicino casa, infatti, Bizunesh oggi ha più tempo per la sua famiglia e soprattutto per andare a scuola, la vera chiave per il cambiamento.

Ma quante Bizunesh restano nel mondo? Quante storie stanno ancora aspettando un lieto fine? Troppe.

Sono, infatti, circa 3,5 miliardi le persone che non vedono il proprio diritto all’acqua pienamente rispettato. Cifre esorbitanti, persone che ancora oggi sono costrette a procurarsi l’acqua per vivere direttamente da fiumi, ruscelli o stagni, spesso percorrendo diversi km per raggiungere una fonte sicura.

E spesso sono proprio i bambini a occuparsene, un compito che gli permette sì di aiutare la famiglia, ma nega loro la possibilità di frequentare la scuola, soprattutto nell’Africa sub sahariana, dove 33 milioni di bambini in età da istruzione primaria non vanno a scuola e dove il 56% è composto da donne, perché in molti casi i genitori con più figli preferiscono mandare a scuola i maschi.

Questo si traduce per le bambine nel doversi dedicare a tempo pieno ai lavori domestici o, nel peggiore dei casi, nell’essere costrette a matrimoni forzati e tutto questo per non essere un peso economico per la famiglia. Basta pensare che, ogni giorno, 20.000 ragazze sotto i 18 anni diventano madri nei Paesi del sud del mondo.

Purtroppo, questo quadro, non è ancora completo. Nel 2015 sono stati circa 2,7 milioni i bambini colpiti da morte neonatale (entro 28 giorni di vita) rappresentando, a livello globale, il 45% dei decessi di bambini entro il quinto anno di vita. Si pensi che solo nel 2014 una malattia banale come il morbillo ha ucciso circa 115 mila bambini, nonostante esista un vaccino che costa solo 2 dollari. Ogni anno poi, la metà dei decessi di bambini sotto ai cinque anni di età, avviene a causa della scarsa alimentazione.

La cosa assurda? Che la stragrande maggioranza di queste morti premature è facilmente prevenibile, basterebbe solo fornire cibo, adeguate strutture sanitarie e personale qualificato.

E cosa succederebbe se al posto di Bizunesh ci fossimo noi? Se fossimo noi e le nostre famiglie a non vedersi garantito il diritto al cibo, all’acqua, alla salute, all’educazione? Se domani, improvvisamente, questa nostra normalità si sgretolasse? Fa paura anche solo pensarci.

Ma le cose non sono davvero così impossibili da cambiare. È difficile? Forse. Serve lottare ogni giorno? Sì. Ma poco importa.

E laddove non arrivano le parole, lo fanno le immagini e quelle di Gud hanno decisamente colpito nel segno… non serve aggiungere altro.

Supportando i progetti di Adozione a distanza promossi da ActionAid, possiamo garantire una risposta ai bisogni dei bambini e alle bambine che vivono nel Sud del mondo, per permettergli di crescere serenamente e avere un futuro degno, lo stesso futuro che vorremmo per noi.

Un piccolo impegno che può fare una grande differenza, quella tra vivere e sopravvivere… e non è una differenza da poco.

photo credit: ActionAid

Author

Acrobata per vocazione, una laurea in Lingue e Comunicazione, da oltre 10 anni mi divido tra le mie due grandi passioni: educazione e comunicazione, convinta che le due cose insieme possano fare la differenza. Da sempre in prima linea accanto ai bambini, agli adolescenti, alle mamme e ai papà, a scuola e in famiglia, ho lavorato e lavoro per diverse realtà del terzo settore occupandomi di diritti dei minori, cittadinanza attiva, intercultura, disabilità e fragilità sociale con l’obiettivo di contribuire a diffondere una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza. Il mio sogno? Mettere al servizio dei genitori le mie competenze e professionalità, per supportarli nel loro ruolo educativo.

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