Unita.it – «Bisogna ripensare le politiche di sostegno al costo dei figli». Ne è convinto Pierpaolo Donati, curatore del rapporto famiglia 2009 del Cisf, presentato questa mattina a Milano. «Le misure cosiddette di sostegno al costo dei figli sono piuttosto, ancor oggi, specie in Italia, interventi volti a combattere la povertà e la disuguaglianza sociale, che non hanno dato grande prova di efficacia e di equità. Ecco perchè bisogna ripensare alle politiche pubbliche di sostegno al costo dei figli con nuovi criteri». Cioè differenziando le azioni in politiche di emergenza (per le famiglie povere), politiche contro la disuguaglianza sociale e politiche dei costi dei figli nelle famiglie in condizioni di normalità, senza confonderle o appiattirle le une sulle altre.
«Per de-mercificare il costo dei figli – spiega Donati – occorre puntare su una società realmente sussidiaria verso la famiglia, adottando un approccio comprendente, che pensi il costo del figlio come espressione di un legame sociale. In effetti in molte parti d’Europa, le istituzioni pubbliche e private più responsabili stanno promuovendo delle nuove politiche sociali che cercano di contrastare le tendenze verso un ulteriore indebolimento della famiglia, senza la quale – nel lungo periodo – le società sono destinate a crolli di civilizzazione, se non ad un vero e proprio collasso. il criterio fondamentale di questa svolta -dice Donati- sta nel sostenere le relazioni familiari e la soggettività sociale della famiglia come tale nella cura dei figli, anzichè nel sollevare gli individui dalle responsabilità verso i figli».
Un welfare «amico dei figli» – «un welfare ‘amico dei figlì dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: essere sussidiario alle famiglie anzichè assistenzialistico; quindi non sostituirsi alla famiglia, ma promuoverne la libertà-responsabilità primaria dei genitori o di chi ne fa le veci; essere societario, cioè regolato in base al principio di sussidiarietà tra le sfere sociali (stato, mercato, terzo settore, famiglie), pensate e agite in collaborazione/reciprocità con le stesse famiglie; essere plurale: ogni intervento dovrebbe avere una pluralità di attori che operano come partner associativi o in rete; essere relazionale: autoregolarsi in base al criterio per cui gli interventi devono incidere sulle relazioni genitori-figli in modo da »capacitarle« anzichè renderle indifferenti o rimuoverle. welfare relazionale significa che il »ben-essere« del figlio consiste primariamente in relazioni valide e significative. Per tale ragione, questo rapporto raccomanda che il nuovo welfare sia designato con il termine “relazionale”, appunto perchè nasce per valorizzare le relazioni di cura e di sostegno dei figli in alternativa all’assetto dell’individualismo istituzionalizzato di tipo acquisitivo che punta a migliorare le condizioni materiali a scapito delle relazioni umane».
Un welfare non realizzabile senza equità fiscale. italia da suicidio demografico – «il tema dell’equità fiscale verso la famiglia riguarda il fatto che la famiglia sostiene i costi della riproduzione della popolazione, ossia del ricambio fra le generazioni, e dovrebbe essere riconosciuta in questo suo ruolo sociale. Lo Stato italiano, invece, non solo non riconosce questo ruolo alla famiglia, ma penalizza la famiglia che ha figli, e la penalizza quanti più figli ha. S spiega così anche il fatto che le famiglie con figli in Italia siano diventate meno del 50% delle famiglie», dice Donati. «benchè negli ultimi anni si sia cercato di rimediare un po’ a questo stato di cose (aumentando leggermente deduzioni e detrazioni fiscali, e altre agevolazioni in tema di irpef e di tariffe), l’Italia rimane in una situazione paradossale, da vero suicidio sociale e demografico dell’intero paese, soprattutto da quando, con i governi dalla metà degli anni 1980, si è iniziato a tagliare le misure universalistiche degli assegni familiari», riconosce Donati.
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