Nelle scorse settimane abbiamo affrontato il delicato tema della depressione in gravidanza e nel post partum, cercando di capire meglio quali sono i segnali a cui prestare attenzione, a chi rivolgersi e come distinguere il baby blues da una vera e propria depressione.
Temi di cui crediamo ci sia sempre bisogno di parlare, perché è proprio dall’informazione e dal confronto che nascono le soluzioni.
Per questo siamo felici di avere qui con noi Valentina, una mamma che ha vissuto in prima persona la depressione post partum che oggi ci racconta la sua storia, da cui è nata una bella iniziativa che merita davvero di essere conosciuta.
Valentina, ci racconti qualcosa di te…
Ho 33 anni e sono una giornalista freelance amante e sostenitrice dell’homeworking, visto che lavoro da casa. Scrivo per diverse realtà del web praticamente da sempre e ho due figlie: Paola – di due anni e mezzo – e Vittoria di quasi sei mesi. Mi piace molto leggere – sono un’onnivora – e, quando riesco, andare al cinema assieme a mio marito Francesco. Abito nella provincia di Pavia, che offre un bel numero di sagre: il cibo è un’altra delle mie passioni!
Dopo la nascita della tua prima bimba hai iniziato a soffrire di depressione post partum. Cosa ti ha fatto capire che c’era qualcosa che non andava e a chi ti sei rivolta?
A dire la verità non l’ho capito subito. Dopo aver partorito ad aprile 2013 dentro di me si era rotto qualcosa, ma non sapevo ancora bene cosa. Inizialmente avevo attribuito il mio “malessere” – anche se di malessere non si può assolutamente parlare – al brutto parto che avevo subito (un cesareo con anestesia totale) e alla fatica nell’avviamento dell’allattamento (infatti poi sono passata quasi subito al latte artificiale).
Poi con il passare dei giorni, sentivo che questa sensazione di angoscia che provavo quando dovevo occuparmi di Paola non se ne andava, anzi stavo sempre peggio. Non volevo stare con lei, non riuscivo a toccarla, la mattina non volevo alzarmi dal letto. A tre mesi dalla sua nascita ho capito che avevo bisogno di aiuto e ho cominciato ad andare in terapia. Mi sono rivolta all’ospedale Niguarda di Milano dove ho cominciato un percorso che ha determinato la mia rinascita.
Sono ancora tanti i tabù legati alla depressione post partum. Quali sono secondo te gli aspetti più difficili da affrontare e condividere?
In primis il fatto che la maternità – fortunatamente oggi un po’ meno – sia considerata ancora come un cliché:
O sei felice di essere mamma o se non lo sei, allora sei una cattiva madre.
Il modello di riferimento di una mamma sempre sorridente, felice e comprensiva è duro a morire; così quando non ti ci ritrovi e chiedi alle persone attorno a te – altre mamme, sorelle, amiche con figli – se si sono sentite allo stesso modo, spesso ti senti rispondere:
“Sono un po’ stanca, ma basta guardare mio figlio negli occhi e passa tutto”.
Io, i primi tempi che andavo in terapia, quando incontravo qualche mamma parlavo apertamente della mia condizione; dicevo “Ho la depressione post partum, ma sono in terapia e guarirò”. Di contro ricevevo soltanto un abbassarsi di occhi, un “Ah, mi dispiace”, come se avessi detto una cosa innominabile.
Altro problema è la difficoltà della diagnosi: la depressione post partum può avere origine da tantissimi fattori – sia psicologici sia organici sia famigliari – per cui non è semplice capire subito che i sintomi sono riconducibili alla malattia. Oltre al fatto che spesso le persone che sono vicine alla neomamma scambiano la depressione per tristezza passeggera e magari le danno dei consigli che anche se detti a fin di bene possono farla sentire ancora peggio, come:
“Su, adesso hai un figlio non puoi piangerti addosso”
“Hai un bel bambino, devi essere contenta”.
Infine c’è scarsa informazione: nel corso pre parto che avevo fatto io non si è parlato minimamente dell’aspetto emotivo della gravidanza e della maternità, così come dopo è difficile capire a chi rivolgersi: al medico di famiglia? Al ginecologo? Al pediatra? Ad uno psicologo? Io stessa mi sono messa a fare una ricerca in rete – altrimenti non avrei sapito dove andare – digitando “depressione post partum aiuto” e ho trovato l’Ospedale Niguarda.
La tua esperienza ti ha spinto ad aprire il sito Post-partum.it, qual è il suo obiettivo?
Il primo obiettivo è quello di parlarne, molto semplicemente. Molte mamme si vergognano quando non stanno bene a parlarne, oppure appunto non sanno a chi rivolgersi. Post-partum può essere un primo canale: nel sito ci sono esperienze di altre mamme che ne hanno sofferto, ma anche interviste a psicologici e ginecologi che lavorano con donne che soffrono di depressione.
E poi vorrei far sapere a tutte le mamme che non sono sole: purtroppo è il senso di solitudine infinita che ti porta la malattia. Ti senti prigioniera della tua stessa casa e del tuo bambino. Io invece voglio far sapere che se ne può uscire, non sarà sempre così dura. Sono sempre disponibile a parlare se qualche mamma ha bisogno, sia tramite mail sia sui social sia al telefono.
Cosa consiglieresti ad altre mamme che vivono la tua stessa situazione?
Innanzitutto di parlarne con il proprio marito o compagno: tenersi tutto dentro non è la soluzione migliore per la depressione già subdola di per sé. Il passo successivo – il più importante – è quello di chiedere aiuto ad un professionista. La depressione post partum è una malattia vera e propria che non migliorerà con il tempo, anzi: bisogna rivolgersi ad un psicoterapeuta che ti possa aiutare. Molti ospedali – come quello che frequento io – offrono sostegno gratuitamente. Con un percorso di questo tipo nel giro di 6 mesi si può guarire e ritornare a guardare i propri figli con gioia.
Io sono la testimonianza che si può riuscire a farcela: d’altronde, la mia seconda figlia non si chiama Vittoria a caso 🙂
Grazie a Valentina per il suo racconto che siamo sicure potrà essere utile a tante altre future e neo mamme, noi continueremo a seguirla su Post-Partum.it!
cover photo credit: pixabay
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