Un figlio emotivamente intelligente è un figlio con alte probabilità di essere felice. L’intelligenza emotiva riguarda il mondo delle persone e dei sentimenti; comprende, in pratica, l’autoconsapevolezza, la gestione del sé e dei propri sentimenti, la consapevolezza degli altri e le capacità sociali.

Intelligenza emotiva: cos’è?

Fin dalla nascita, i bambini hanno una grande capacità di apprendere comportamenti sociali ed emotivi dai loro genitori e dalle altre persone che si occupano di loro; se si è sinceramente sensibili ai loro bisogni, i bambini imparano ben presto a regolare le emozioni, a calmarsi da soli, a rispondere e rilasciare lo stress, a focalizzare la propria attenzione.

I genitori che sanno favorire una buona intelligenza emotiva nei figli sono definiti dallo psicologo John Gottman “Genitori allenatori”, e possiedono la grande dote di saper essere delle guide emotive per i figli, capaci quindi di stare vicino ai figli in modo efficace, soprattutto quando questi stanno vivendo un momento emotivamente complicato.

Che cosa fanno, in pratica, questi genitori per insegnare ai figli strategie per affrontare gli alti e bassi della vita? Fanno 5 cose in particolare, 5 comportamenti specifici che sono stati evidenziati dagli studi di Gottman e che costituiscono i 5 passi dell’ “Allenamento emotivo”.

Di cosa si tratta? Di ciò che occorre fare come genitori per costruire l’empatia in famiglia, cioè la capacità di sentire quello che sente un’altra persona, quindi di comprenderla. Usare l’empatia con i nostri figli significa dimostrargli che siamo loro alleati, che sappiamo ascoltarli senza giudicarli e che per loro ci siamo sempre, soprattutto nei momenti più difficili.

Le 5 fasi dell’allenamento emotivo

1. Diventare consapevole dell’emozione del bambino, cioè capire che tuo figlio prova un’emozione e dimostrare sensibilità nei suoi confronti. Naturalmente, più sei consapevole delle tue proprie emozioni, più riuscirai a cogliere quelle dei tuoi figli, già quando sono ancora poco intense, quindi più semplici da gestire. Come fare? Osserva e ascolta tuo figlio per capire ciò che prova, ricordando che un bambino affronta la vita in modo molto più immediato, vulnerabile e privo di esperienza del tuo.

2. Riconoscere nell’emozione un’opportunità di intimità e insegnamento, in cui si costruisce la fiducia reciproca. I momenti emotivamente negativi sono occasioni straordinarie per empatizzare e per insegnare ai figli come padroneggiare i sentimenti. È proprio quando è triste, arrabbiato o spaventato che tuo figlio ha più bisogno di te! Questi sono quindi i momenti in cui stargli più vicino, perché le emozioni negative non se ne vanno da sole, ma hanno bisogno di essere vissute e affrontate.

3. Ascoltare con empatia e convalidare i sentimenti del bambino. Che cosa significa? Significa usare un po’ l’immaginazione per riuscire a vedere la situazione dal punto di vista del bambino, cogliendo anche i segnali fisici con cui lui esprime un’emozione: corrugare la fronte, il magone, tamburellare con la mano o il piede etc. Aiutalo ad esprimere con le parole ciò che sente: “Mi sembri stanco oggi”; mettiti al suo livello, rilassati e preparati ad ascoltarlo, senza dare giudizi o bersagliarlo di domande. Lo aiuterai a riconoscere ciò che sta provando.

4. Aiutare tuo figlio a trovare le parole per esprimere le emozioni: rabbia, paura, tristezza, delusione… Questo passaggio è fondamentale per poterlo rassicurare; dare un nome a un’emozione sgradevole serve a definirla, darle dei limiti e ricondurla nelle esperienze quotidiane, più rassicuranti e gestibili. Questo avrà un effetto rasserenante sul sistema nervoso, favorirà l’empatia e aiuterà il bambino a costruirsi il suo personale vocabolario delle emozioni fin da piccolo, in modo semplice.

5. Porre dei limiti, mentre aiuti tuo figlio a risolvere il problema. Tutti i sentimenti sono accettabili, ma non tutti i comportamenti lo sono. Non negare mai i suoi sentimenti e non dirgli cosa deve o non deve provare, come “Non devi arrabbiarti!”, ma stabilisci con chiarezza il comportamento tollerabile e quello inammissibile. Se è arrabbiato, può andar bene lanciare per terra i cuscini, ma non picchiare qualcuno o se stessi. Diglielo con calma e fermezza, tenendo presente che lo dovrai fare molte volte e molto di frequente, magari.

Praticare l’allenamento emotivo è un lavoro lungimirante, che darà benefici a lungo termine, soprattutto durante l’adolescenza.

Inoltre, se sei emotivamente vicino a tuo figlio sarai più coinvolto nella sua vita e riuscirai a influenzarlo di più; in questo modo ti sentirai più sicuro di te nel porre dei limiti e, soprattutto, le tue parole conteranno davvero. Buon allenamento!

Adele Borroni – www.mammeimperfette.com

 

Lettura consigliata: “Intelligenza emotiva per un figlio”, di John Gottman, Bur Rizzoli.

photo credit: Daydreamer via photopin (license)

Author

Insegnante, autrice e blogger fondatrice di mammeimperfette.com, mamma entusiasta, e a tratti ancora incredula, di Fabio e Marco. Appassionata e avida studiosa di autostima per bambini, ne scrivo spesso sul mio blog e ho raccolto i consigli pratici più efficaci per svilupparla nell'ebook “Mamma, io valgo!” e nei video del Percorso Aiedi. “Aiedi” è l'approccio che seguo per accompagnare i miei figli nella crescita, in cui autostima, intelligenza emotiva e autodisciplina sono le tre risorse indispensabili da favorire nei bambini per aiutarli a crescere sicuri di sé, autonomi e capaci di essere felici. Due maternità nel giro di 18 mesi mi hanno cambiato la vita, in meglio, e mi hanno portato a riflettere su chi volevo davvero diventare “da grande”. Decisamente imperfetta e con tanta voglia di migliorare, sono convinta che se vuoi che le cose cambino, tu devi cambiare.

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