In questi giorni in rete circola un video che sta creando un acceso dibattito. In molte avrete già avuto occasione di vederlo, ma per chi se lo fosse perso, le immagini di cui stiamo parlando riguardano Lena Fokina, una donna di origine russa che da anni pratica una forma di Yoga dinamico rivolto ai bambini che però ci ha decisamente lasciato senza parole – anzi a dirla tutta ci ha proprio sconvolto! – e ha suscitato parecchie domande sulla modalità in cui viene svolta e sui possibili effetti che potrebbe avere sui più piccoli.
Ora, sappiamo che questa pratica sta prendendo piede negli Stati Uniti, ma noi abbiamo voluto capirci qualcosa di più insieme alla nostra Acrobata Silvia Romani, insegnante di Yoga e Pilates, founder di Centro Olistico.
Silvia, si tratta davvero di una forma di yoga?
Dopo aver visto il video ho dovuto spegnerlo e dedicarmi ad altro prima di essere in grado di esprimere la mia opinione.
Negli Yoga Sutra, il testo che viene comunemente preso come riferimento da chi pratica Yoga, Pantajali definisce lo Yoga stesso come la disciplina che “quieta i vortici della mente”. Per fare questo lo Yoga utilizza diverse “tecniche”: gli asana o posizioni, il pranayama o consapevolezza del respiro e la meditazione sono quelle più conosciute.
Il concetto è piuttosto semplice da comprendere: rallentando e spostando l’attenzione dai disturbi e dalle turbolenze del mondo esteriore, un po’ alla volta e con tanta pazienza, costanza e pratica, riusciamo a connetterci con quella parte di noi che è ancora vergine e intonsa, quel luogo che “È” indipendentemente da quello che ci succede o che accade.
Vien da sé che una tortura di questo tipo non si possa definire propriamente Yoga. Se è vero che spesso è il dolore a portarci verso lo Yoga e la sua pratica, è altrettanto vero che è la gioia che la pratica stessa ci porta a rendere sempre nuovo e costante il nostro impegno. Sul volto di questi bambini non scorgo espressioni di felicità o gioia. Scorgo solo lacrime e spavento.
Il primo Yama, i cosiddetti precetti esteriori che dovrebbero guidare il comportamento dei praticanti di Yoga, Ahimsa viene comunemente tradotto come “non nuocere” o “non violenza”.
Donna Farhi lo definisce in modo ancora più chiaro e illuminante:
“Vediamo l’essenza di noi stessi nell’altro, ci rendiamo conto che quella tenerezza e quella capacità di perdono che tanto vorremmo ci fosse rivolta è una cosa a cui aspirano tutti gli essere umani”.
Non sono completamente sicura che la signora Lena Fokina riuscirebbe a entrare in contatto con la propria essenza infilata in un Bionicle (provate a digitare su YouTube questa parola…), senza peraltro aver fatto una scelta consapevole. Eh sì, perché anche la consapevolezza nello Yoga conta, e anche tanto. Potemmo dire che lo Yoga sia un viaggio verso una consapevolezza superiore.
Non mi permetto, in questa sede, di giudicare la qualità e la bontà di questa pratica, tuttavia mi sento nella posizione di poter dire che la parola Yoga sia stata usata semplicemente a fini di marketing. Nulla di yogico avviene in essa.
Abbiamo ragione nel pensare che si tratti di una pratica inadatta e pericolosa?
Personalmente, a un bambino così piccolo, dedicherei attenzioni di altro tipo. I legamenti a quell’età sono ancora molto lassi e i muscoli devono ancora svilupparsi, capita persino durante il parto che un neonato si lussi una spalla, figuriamoci con sollecitazioni così brusche, veloci e non controllate dal corpo stesso ma imposte dall’esterno. Sorvolo sulla possibilità che il bambino sfugga di mano…
Da che età i bambini possono praticare lo yoga e con che tipo di esercizi?
Lo Yoga può essere praticato a qualsiasi età, se adattato alla situazione e al contesto. Esistono dei corsi di Yoga mamma e neonato nel quale le mamme praticano e “muovono” in modo armonioso ed equilibrato i propri piccoli. Naturalmente in questo caso lo Yoga lo sta facendo la mamma, ma il bambino beneficia di riflesso di questa pratica. Intorno ai 4/5 anni si può cominciare a introdurre una pratica fisica più complessa e strutturata, proponendola sotto forma di gioco, alla quale affiancare anche i concetti che stanno alla base dello Yoga per porre le basi per una pratica sempre più consapevole che verrà acquisita poi con la crescita e la maturazione della persona stessa.
Grazie a Silvia per aver condiviso con noi il suo punto di vista su cui non potremmo essere più d’accordo!
Voi cosa ne pensate?
photo credit: Yoga III via photopin (license)
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