Oggi vorrei parlare di amore. La distanza è come il vento, diceva la mia nonna, spegne i fuochi piccoli e ravviva quelli grandi. Noi nella distanza abbiamo sempre visto divampare le fiamme. Peró devo ammettere che negli anni da neo mamma, un po’, un bel po’, l’avevo messo in disparte.
Parti con grandi propositi: i figli non rovineranno la relazione, la coppia resterà unita, ci ameremo sempre come la prima volta e faremo l’amore lo stesso numero di volte e con la stessa passione. Per sempre, finché morte non ci separi.
Invece no. L’amore materno ti prende alle spalle e ti ipnotizza. Ti sovrasta.
In pochi giorni, nei casi estremi, o in poche settimane ti ritrovi innamorata folle del tuo cucciolo, di quella creatura fragile e meravigliosa che è il tuo bambino. E lui, l’amore della tua vita, quello della vita prima, sparisce. Anzi, diventa un ostacolo. Un impedimento alla piena e completa fusione con la mini creatura.
Lui, il vecchio amore, ci desidera ancora. Noi siamo distratte, sconvolte, tramortite dall’amore assoluto che solo un neonato sa dare. Spasmiamo per un suo sorriso e per un suo ruttino. Mai vorremmo la stessa generosità da lui…
In molti casi la crisi passa. Serve qualche litigio, qualche crisi di pianto, anche qualche passeggiata sotto la luna a pensare “oddio avró sbagliato tutto? avrò scelto la persona sbagliata?”. Ma se amore era, amore sará.
E allora riscoprirsi diventa come riaprire un libro che si è amato tanto, trovarci dentro un fiore secco, raccolto quella volta in montagna, quando ancora i bambini erano sulla luna, e l’amore si faceva anche in mezzo ai campi. Ricordare, ricordare e ripartire.
Senza amore non si va da nessuna parte, nè come mamme nè come matrigne.
photo credit: brandoncwarren via photopin cc
5 Comments
come sei saggia…com’è tutto vero…
è tutto davvero verissimo e mi son quasi commossa a leggere 😳
Qualche mese fa, quando la puledra era ancora in fase “intestino pigro per ripicca”; quando si procedeva per supposte, fermenti e schizzetti di acqua e camomilla; quando il libro della sera era una storia edificante sulla cacca (di cavallo, di talpa, di cane ecc.); quando si leggeva Freud e si interpretava la sua ritenzione; quando si era già preso appuntamento dal chirurgo per un eventuale intervento… Allora una sera, come tante, avevo preparato un passato di verdura per la sera, lui le diede la pasta… Aveva ancora rimosso i nostri sforzi per risparmiare interventi chimici sulla piccola. Allora gli chiesi: – A che giorno siamo senza cacca? Forse il 3°? o con oggi siamo già al 4°?
Così scoprii che ha prazo le aveva dato bistecca con riso e per frutta una banana. Svenire o strillare? Lo investii con uno sguardo che lui intese come un insulto alla sua disponibilità e creatività e che era, invece, la reazione “controllata” del mio tsunami interiore. Un turbinio di ostinato risentimento per l’aver ignorato indicazioni precise e motivate. E lì pensai: via, via un fine settimana da sola, una distanza terapeutica dalla ragnatela di equivoci che ci stava intrappolando in un’assillante incomprensione.
Ci sono state altre mille situazioni simili: testardaggini mie (che forse indurivano quelle giovani feci), negligenze sue (che forse le ammorbidivano più di una prugna secca e un cocktail di lattulosio e fermenti). Poi ci siamo ripresi, con parole come schiaffi, lacrime di fuoco e carezze balsamiche. E abbiamo ritrovato il nostro fiore, meraviglioso, nello sciacquone del gabinetto.
sei sicuramente una donna giovane. La lontananza sai è come il vento spegne i fuochi piccoli accende quelli grandi, lo cantava modugno negli anni 60. Forse lo diceva anche la tua nonna, ma sicuramemnte richiamava quella vecchia famosa canzone.
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