Sappiamo bene che essere un buon ascoltatore è una dote che aiuta moltissimo nelle relazioni interpersonali, che ci permette di entrare in sintonia e in empatia con l’altro. Questo è ancora più vero nel rapporto con i nostri figli, in cui la qualità della relazione dipende in gran parte dalla capacità di ascoltarsi e comprendersi davvero.

Ascoltare è semplice, se lo facciamo solo con le orecchie. Le cose si complicano quando nell’ascolto dobbiamo mettere in gioco mente e cuore e quando desideriamo essere ascoltati, oltre che ascoltare.

Pensate a quante volte ci sembra che nostro figlio non ci ascolti e ci troviamo a ripetere di continuo le stesse frasi, senza ottenere una risposta. Pensate poi a quante volte cerca di attirare la nostra attenzione, ci chiede di essere ascoltato e noi rispondiamo con superficialità, senza farlo davvero.

Se vogliamo essere ascoltati dai nostri figli, prepariamoci ad ascoltarli noi per primi.

Come fare?

Un modo efficace consiste nell’ascoltare i bambini attivamente, cioè prima con le orecchie e poi dimostrando con le nostre parole di aver capito. Così, mostriamo a nostro figlio di comprendere e accettare sinceramente ciò che lui sta provando o esprimendo in quel momento.

Per esempio, se si taglia un dito e vede fuoriuscire sangue dalla ferita può essere spaventato e vuole esprimerlo, anche se sa farlo solo attraverso il suo codice di comunicazione e quindi, magari, dirà “Mamma, guarda quanto sangue!”. Sta a noi decodificare il suo messaggio e cogliervi la paura, rispondendo magari “Caspita, sei davvero spaventato a vedere tutto quel sangue vero?”.

In questo modo abbiamo riformulato quello che nostro figlio voleva dire, esprimendo con parole nostre ciò che abbiamo capito e dando al nostro bambino la certezza di essere stato compreso, o almeno ascoltato attentamente. A questo punto potrà  dirci “Sì, ho paura!” oppure “No!”, perché magari è solo preoccupato di non sporcarsi.

Ascolto attivo, quali vantaggi?

Ad ogni modo, un ascolto attivo dà un doppio vantaggio:

  • dà a nostro figlio la certezza di essere stato ascoltato, accettato nella sua emozione e capito;
  • permette di verificare se abbiamo davvero compreso il suo messaggio, in base anche alla sua risposta.

Un bambino che si sente ascoltato e accettato sarà molto più ben disposto a fare altrettanto con noi.

Che cosa serve per mettere in pratica l’ascolto attivo?

1. Prima di tutto, la volontà di dare a nostro figlio un’attenzione piena e autentica, dedicando del tempo ad ascoltarlo.

2. Dobbiamo accettare sinceramente i suoi sentimenti, anche se non corrispondono ai nostri o non sono quelli che, secondo noi, lui dovrebbe provare in quel momento: per esempio se lui è imbarazzato ad una festa con tanti bambini, mentre noi ci aspettiamo che ne sia entusiasta.

3. Dobbiamo avere molta fiducia in nostro figlio, nella sua capacità di gestire i suoi sentimenti, e considerarlo come una persona a sé stante, non dipendente da noi in tutto e per tutto. Una persona con la sua vita e il suo modo personale di affrontarla.

4. Dobbiamo volere davvero entrare in empatia con lui, metterci nei suoi panni, sforzarci di capirlo e di vedere le cose dal suo punto di vista, che non è necessariamente uguale al nostro.

5. L’ascolto attivo può entrare in scena anche quando nostro figlio si comporta in un modo che non riteniamo accettabile, facendo magari un “capriccio”.

Chiedergli “Cosa c’è che non va?”, “Come posso aiutarti?” e metterci davvero in ascolto del suo disagio è un atteggiamento che può risolvere la situazione in fretta e in modo indolore.

L’ascolto attivo comunica a nostro figlio che lo accettiamo, comprendiamo e rispettiamo nella sua individualità; nello stesso tempo, gli insegna con l’esempio una modalità comunicativa che anche lui potrà utilizzare in modo efficace nelle relazioni con gli altri.

Praticando l’ascolto attivo, inoltre, noi come genitori sentiamo di poter essere davvero d’aiuto a nostro figlio e col tempo saremo gratificati dall’avere un figlio più disposto ad ascoltarci con interesse sincero.

A me sembra già un bel traguardo, non credete?

 

Letture consigliate

Thomas Gordon, Né con le buone né con le cattive. Bambini e disciplina
Adele Faber e Elaine Mazlich, Come parlare perché i bambini ti ascoltino & come ascoltare perché ti parlino

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Author

Insegnante, autrice e blogger fondatrice di mammeimperfette.com, mamma entusiasta, e a tratti ancora incredula, di Fabio e Marco. Appassionata e avida studiosa di autostima per bambini, ne scrivo spesso sul mio blog e ho raccolto i consigli pratici più efficaci per svilupparla nell'ebook “Mamma, io valgo!” e nei video del Percorso Aiedi. “Aiedi” è l'approccio che seguo per accompagnare i miei figli nella crescita, in cui autostima, intelligenza emotiva e autodisciplina sono le tre risorse indispensabili da favorire nei bambini per aiutarli a crescere sicuri di sé, autonomi e capaci di essere felici. Due maternità nel giro di 18 mesi mi hanno cambiato la vita, in meglio, e mi hanno portato a riflettere su chi volevo davvero diventare “da grande”. Decisamente imperfetta e con tanta voglia di migliorare, sono convinta che se vuoi che le cose cambino, tu devi cambiare.