Si discute di ricerche, interrogatori, zaini e ingressi a scuola. Di disegni e fascette da elettricista.
Esiste una macchina con una mamma. Una mamma.
In radio dicono che le telecamere “hanno ripreso”, in televisione raccontano che “non possono aver ripreso”, ma sul giornale si legge che “hanno ripreso comsì comsa”.
Il caso della macchina invisibile e delle telecamere pazze.
Dopo un attimo di confusione mi concentro sul bambino e sulla sua mamma.
Prima era bionda, si vede nelle foto del matrimonio di Zio Perepeppepeppe.
Ma prima ancora era mora sul social. Ora è rossa.
Prima c’era il suo bambino e ora non c’è più.
Prima la piega, ora la coda alta su una testa che scoppia in un vuoto disumano.
Vorrei farle un cenno mentre passa con la macchina che si vede e non si vede; vorrei abbracciarla mentre riempie lo zaino del suo bambino.
Poi c’è la vicina, il panettiere, la maestra. Ancora i disegni. Il canalone. La piega del ciuffo.
La mamma è persona informata dei fatti: quali?
Sa cosa piace mangiare al suo bambino, conosce la sua camminata, gli orari del sonno. Lei e il suo bambino si “frequentano” da 8 anni, ovvio che sia informata dei fatti.
Siamo tutte e tutti informati dei fatti.
La dinamica.
Candelabro, veranda, maggiordomo. Un, due, tre. Tana.
Immagino lo stordimento di non sapere più come ti chiami e quanti anni hai. Intuisco il gelo di un letto vuoto.
Incongruenze, diverse versioni dei fatti.
Al posto della mamma non sarei in grado di finire una frase, forse terrei la bocca lievemente aperta per far uscire solo un rivolo di bava…
Resto biologico. Resto mancia. Alza il volume.
Che alibi abbiamo, gente grande?
Il sogno di un bambino che preme un tasto immaginato sul cruscotto e diventa invisibile insieme alla sua mamma e l’automobile.
photo credit: Nhoj Leunamme == Jhon Emmanuel via photopin cc
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