Domenica mattina a Messa, il sacerdote ha invitato un giovane papà a rendere testimonianza di quanto ha vissuto in prima persona nel mese di agosto. Lui per motivi di lavoro frequenta il territorio del Kurdistan Iracheno, quel territorio che una volta si chiamava Mesopotamia e dove vivevano in pace popolazioni di diverse religioni (cristiani e yazidi, musulmani, assiri e shabaki, turkmeni e caldei).
Il 6 agosto sul suo telefono cellulare è arrivato un messaggio che gli diceva di scappare, perché erano in arrivo le truppe ISIS. Lui non ha visto il messaggio perché dormiva ma, al mattino prestissimo, ha trovato tutta la popolazione in strada che, improvvisamente, si è trovata a dover abbandonare le proprie case per cercare rifugio nelle città vicine (mi sono un po’ sfuggiti i nomi delle città, di sicuro ho sentito che parlava di Erbil e Mosul).
Questa persona non chiedeva assolutamente nulla, voleva solo portare alla nostra attenzione la situazione di questo popolo che da un momento all’altro ha dovuto abbandonare tutto ciò che possedeva ed ora vive in condizioni disperate in campi profughi.
Lui ha detto:
Li chiamiamo “profughi” ma sono “persone”.
Ha chiesto a tutti di far conoscere queste situazioni e io ho accolto il suo invito e rivolgo a tutti voi lo stesso invito. Non dimentichiamoci di queste persone – giovani, vecchi, bambini… cristiani come noi – che vivono in condizioni inimmaginabili.
Sta arrivando Natale e (non so perché solo proprio a Natale) tutti dovremmo essere più buoni. Gesù non è nato per portare giocattoli e regali, ma per insegnarci ad amare. Proviamo a trasmettere un po’ di amore proprio a chi maggiormente ne ha bisogno.
Buon Natale di AMORE a tutti.
photo credit: Entrer dans le rêve via photopin cc
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