Io sono sempre arrabbiato. Ma la mia rabbia non è mai sfociata nella distruzione, nella violenza: la tengo viva per trovare soluzioni a un problema inaccettabile.

Queste sono parole di Kailash Satyarthi, un indiano che fra qualche giorno riceverà il premio Nobel per la pace. Il problema inaccettabile al quale si riferisce è la schiavitù infantile.

Leggevo questa intervista, che vi invito a leggere per intero, sul Corriere della Sera di venerdì 21 novembre e mi sono soffermata su questa frase che mi sembrava adattabile ad ogni circostanza, anche nelle nostre vite decisamente meno “impegnate” di quella del Signor Satyarth.

Pensiamo che la rabbia sia un sentimento negativo ma, in realtà, niente di quello che noi proviamo è negativo in assoluto se ne facciamo un buon uso. Provate a pensare a quanti avvenimenti, situazioni, frasi ci fanno arrabbiare in una giornata. Non è la rabbia in sé che non va bene, ma la reazione alla rabbia stessa.

Se la nostra reazione è passiva, se non sappiamo fare altro che crogiolarci nell’ira, se pensiamo a quanto male ci hanno fatto certe frasi o certe persone, non riusciremo mai a trasformare la rabbia in qualcosa di costruttivo.

Proviamo a chiederci se tutta questa forza venisse usata per trovare il modo di risolvere le questioni, se usassimo la nostra rabbia per cercare un dialogo, un approccio, un avvicinamento, anziché abbandonare il campo e andarcene, magari a piangerci addosso.

Il Signor Satyarth ci insegna a tirare fuori la rabbia che abbiamo dentro, a farne buon uso.

Dal 1980 l’associazione di  Kailash Satyarthi – Movimento per salvare l’infanzia – ha liberato 84.000 bambini schiavi in diversi paesi: credo che questo esempio ci possa far capire come l’essere “sempre arrabbiato”possa portare grandi cose.

photo credit: @rtimage – Debora Bogaerts via photopin cc

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