Negli adolescenti il consumo di alcool è in aumento: è già elevato nelle ultime classi della scuola secondaria di primo grado per poi innalzarsi nel passaggio alla scuola secondaria di secondo grado.

Questo emerge in sintesi dal confronto di tre importanti indagini *, proposto da Maurizio Tucci presidente di Laboratorio Adolescenza, nell’ambito degli incontri formativi “Adolescenza Età di Confine”.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L. 158/2012, dall’11 novembre 2012 è stato introdotto il divieto di vendita di bevande alcoliche ai minori di 18 anni: nonostante questo i ragazzi dichiarano di avere facilità di accesso all’alcool e poche difficoltà a procurarsi alcolici.
Il 24,4% dei ragazzi di terza media dichiara di essersi ubriacato almeno una volta e in una percentuale significativa dice di averlo fatto per “cercare un’esperienza”. A 16 anni l’85,8% degli studenti milanesi dichiara di aver visto almeno una volta un amico ubriaco.

Sono dati allarmanti sapendo che l’alcool uccide 20 volte più della droga. Tuttavia spesso viene sottovalutato nei suoi effetti drammatici dai ragazzi stessi, poiché è una sostanza che ci compare davanti agli occhi fin dalla più tenera età ed è presente in tutte le nostre abitazioni.
Pochi però sanno che l’alcool è una sostanza che può causare dipendenza e il cui consumo eccessivo può causare grossi danni al fegato, al sistema nervoso centrale, al sistema digerente … fino a diventare letale.

Gli adolescenti sono tra coloro che rischiano maggiormente i danni dell’alcool poiché i ragazzi sotto i 16 anni sono privi degli enzimi che consentono di metabolizzare l’alcool: è per questo motivo che vino, birra, liquori non andrebbero assunti mai sotto i 16 anni. Fino a 21 anni, le strutture enzimatiche non sono ancora complete, per cui si rischiano maggiormente, rispetto ad un adulto, dipendenza, danni al fegato e al cervello. E le donne in generale, quindi in particolar modo le ragazze, per la loro struttura fisica e il minor peso corporeo, sono più predisposte ai rischi dell’assunzione di alcolici.

Se ne deduce che la prima azione educativa è fornire maggiori informazioni ai ragazzi e ai loro genitori: “Alcool: più sai meno rischi”.
Altri dati che fanno riflettere riguardano le dimensioni sociali del fenomeno. Bere spesso non è un piacere o un’abitudine voluttuaria, ma assume connotazioni sociali.  Dalle indagini infatti pare che il “gruppo” giochi un ruolo fondamentale nel vivere questa esperienza.

I ragazzi che dichiarano di frequentare un gruppo in cui “nessuno si è mai ubriacato” nel 94,1% dei casi affermano di non essersi mai ubriacati.
Viceversa l’82,3% di chi frequenta gruppi in cui “tutti o quasi tutti si ubriacano/si sono ubriacati”, afferma di essersi ubriacato almeno una volta.
L’analisi delle risposte circa le motivazioni che portano a bere, fanno emergere nuovamente che il consumo eccessivo di alcool è legato ad un atteggiamento sociale e al “divertimento” in gruppo.

Si beve per divertirsi, adeguarsi al gruppo, darsi delle arie, sballare, trasgredire …

Dobbiamo dedurre che il vecchio adagio “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” sia ancora valido?

Per un adolescente il gruppo è fondamentale per crescere, serve per diventare “grandi”: è uno spazio di crescita nell’autonomia e nell’esplorazione del mondo esterno.  Nel gruppo si sperimenta. A volte si sperimentano, come nel caso dell’alcool, situazioni pericolose, che chiaramente preoccupano il genitore.

Non possiamo proteggere i figli da qualsiasi rischio, ma possiamo sostenerli e accompagnarli perchè sappiano affrontare i rischi.

E’ importante tenere aperto un canale di comunicazione con loro perché sappiano che voi siete una base sicura a cui si possono rivolgere se hanno bisogno di aiuto o se si sono cacciati in qualche guaio.

Vincolate i permessi alle regole di sicurezza ( “Dove vai?” “A che ora torni?”): questo non vi renderà particolarmente popolari, ma affermerà che tenete a vostro figlio e siete responsabili di lui.

Una trasgressione occasionale può essere vista come l’occasione per sostenere le capacità di scelta adeguata del figlio, il suo senso critico, per rinnovare il patto di fiducia e rinforzare i limiti e le regole.
Se le trasgressioni sono ripetute o se temete che la sua salute sia a rischio, intervenite fermamente e con autorevolezza. In questi casi non si è tolleranti o si chiude un occhio.

Non si tratta di un errore saltuario da cui si può e si deve imparare.

Intervenite con decisone impedendo a vostro figlio di sabotare la sua vita con comportamenti distruttivi per se e anche per gli altri.  Se è necessario chiedete aiuto.

Non subito magari, ma vi ringrazierà per esservi presi cura di lui.

* Le indagini a cui si fa riferimento sono:
–       Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani (nazionale edizione 2011-2012) Società Italiana di Pediatria
–       Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani (edizione 2011-2012, scuole superiori di Milano) Laboratorio Adolescenza e Società Italiana di

Medicina dell’Adolescenza
–       Adolescenti e Alcol (nazionale 2012) Osservatorio Permanente sui Giovani e l’Alcool e Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza

Author

Sono Barbara Laura Alaimo, pedagogista per passione e professione, specializzata in relazioni educative e diplomata in counseling familiare e dell’età evolutiva. Moglie per scelta (coraggiosa di mio marito!) e mamma “per caso”, ma orgogliosa e sempre in crescita di tre creature di 11, 9 e 4 anni. Ho da sempre un sincero interesse per la famiglia, tanto che oltre alla mia, amo occuparmi di quella degli altri. Conduco gruppi per genitori, oppure lavoro individualmente con loro o con le famiglie; realizzo progetti presso scuole, enti e associazioni sui temi dell’educazione alle emozioni, la prevenzione delle prepotenze e del bullismo, l’educazione ad un uso responsabile delle nuove tecnologie e la prevenzione del cyberbullismo, l’educazione all’affettività e alla sessualità. Osservando i bambini, imparo quotidianamente l’importanza del gioco e della creatività, della curiosità. Mi sento soddisfatta di me e del mio lavoro quando riesco ad ascoltare davvero le persone che si rivolgono a me, quando aiuto qualcuno a ritrovare le sue risorse, quando accompagno i genitori a capire meglio i loro figli, piccoli o grandi che siano. In due parole sono… straordinariamente normale.