Genitori migliori: ma per chi? – Si sente spesso parlare di genitori perfetti, di quello che si deve o non si deve fare per svolgere al meglio il “mestiere” di mamma e papà. Come se ci fosse un modello valido sempre e ovunque, per tutti.

C’è però una cosa che ho capito dalla mia esperienza con le famiglie: l’educazione non è qualcosa di fisso, di dato, non esistono ricette valide per tutti, quanto piuttosto un percorso che si costruisce giorno per giorno con variabili e imprevisti continui.  La perfezione non appartiene a questo mondo e pensare il proprio ruolo di genitori in quest’ottica, non solo è impossibile, ma anche rischioso, perché ci carica di aspettative falsate che non fanno altro che farci sentire incapaci, mai sufficientemente bravi.

Ma, se è vero quindi che ogni storia educativa e a sé, ci sono degli aspetti su cui riflettere che possono essere utili nel rapporto con i figli. Ad aiutare ad essere genitori migliori, non rispetto agli altri, ma se stessi e i propri bambini.

10 cose che ci rendono genitori migliori

Non siamo infallibili

A essere genitori si impara sul campo, tra tentativi ed errori. Nessuno nasce mamma e papà e riconoscere di avere la possibilità anche di commettere degli errori, apre il campo a una riflessione più attenta e profonda sul nostro agire. Partire dalla consapevolezza che si può sbagliare, permette di non dare nulla per scontato e mettersi in discussione facendoci continue domande sul nostro modo di rapportarci con i figli. Non esiste una sola modalità per fare il genitore, ma modi diversi proprio come è diverso ciascun individuo.

Scusa!

Questo è il passo successivo. Essere consapevoli di poter sbagliare implica la necessità di saper riconoscere i propri sbagli e chiedere scusa. Questo non vuol dire sminuire il proprio ruolo, ma anzi trasmettere a bambini e ragazzi l’idea che nessuno è esente da errori. Questo li aiuterà  a gestire meglio i  passi falsi e il senso di frustrazione. Una volta ho sentito una mamma dire alla sua bambina: “Scusa, ho sbagliato, ma come tu impari ad essere una figlia, io sto imparando ad essere una mamma e non sempre faccio o dico la cosa giusta”  l’ho trovata  una cosa  davvero molto bella…

Noi non siamo i nostri figli

Non perdiamo mai di vista il fatto che i figli non sono la nostra estensione, non proiettiamo su di loro nostri sogni, le nostre aspettative. Sono i nostri, non i loro. Bambini e ragazzi devono sentirsi accettati per quello che sono e non giudicati per quello che vorremmo che fossero. Non si tratta di quello che vogliamo noi per loro, ma quello che loro vogliono per loro stessi, per questo è fondamentale partire da loro, ascoltare davvero i loro bisogni, sostenerli e accoglierli, anche se diversi da quello che ci aspettavamo.

Chiedere aiuto

Può capitare che di fronte alle difficoltà quotidiane i genitori fatichino a chiedere aiuto e consigli. Vergogna, paura di essere giudicati spesso frenano quel naturale bisogno di confronto e sostegno di cui non possiamo fare a meno. Condividere con gli altri i propri dubbi, confrontare le esperienze – che spesso sono un bagaglio pesante da portar da soli – può essere molto utile sia per vedere prospettive che da soli facciamo fatica a cogliere ma anche per alleggerire il carico. Non c’è nulla di cui vergognarsi nel chiedere aiuto, non è un segno di debolezza ma di maggior consapevolezza dei propri bisogni. Perché si parla sempre di bisogni dei bambini, ma non dimentichiamoci che anche mamma e papà ne hanno, tanti.

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Imparare su un doppio binario

Bambini e ragazzi hanno davvero tanto da insegnarci. Sono capaci di aprirci lo sguardo mostrando cose che a volte non siamo capaci di vedere. Partiamo dal presupposto che non siamo solo noi a insegnare qualcosa a loro. Ma che avviene anche il contrario.

Nei loro panni

Proviamo a osservare il mondo attraverso i loro occhi e non minimizziamo mai i loro problemi: quelle che, confrontate con le preoccupazioni degli adulti, ci  sembrano cose da niente (un litigio tra amici, una cotta non corrisposta, l’ansia per un compito in classe) per loro sono vere e proprie difficoltà. Ascoltiamoli mostrando sincero interesse. Evitiamo commenti come “Fossero questi i problemi…” , è importante sapere che c’è qualcuno lì per loro, disposti a provare a capirli, sempre.

Non è una gara

La competitività non è un fattore negativo di per sé, ma lo può diventare a seconda del valore che gli diamo e che quindi trasmettiamo anche ai nostri figli. Spingerli a raggiungere obiettivi, stimolandolo e sostenendolo va benissimo, senza però dimenticare che ogni bambino è un mondo a sé, con tappe e tempi diversi per ciascuno. Spesso non ce ne accorgiamo ma quel desiderio di primeggiare ci spinge a perdere di vista la cosa più importante: il fatto che la vita non è una gara“Mio figlio a 4 anni sapeva già leggere…a 6 mesi gattonava etc.” E quindi? Conta davvero così tanto arrivare prima degli altri? O più che il risultato finale è importante quello che si fa per raggiungerlo? La scoperta di avere delle capacità, delle risorse, ma anche delle difficoltà?

Essere coerenti

Contrariamente a quanto spesso pensiamo i bambini capiscono tutto, forse molto più di noi. I genitori rappresentano il  primo “modello nel mondo”, che guiderà i loro comportamenti e relazioni e per funzionare è necessario che in questo modello alle parole corrispondano i fatti. Non si educa con le parole – o meglio non solo – ma con l’esempio. Se vogliamo trasmettere determinati valori è fondamentale che per primi ci crediamo noi e che li mettiamo in pratica ogni giorno, altrimenti è inutile e si rischia di perdere di credibilità.

Non giudicare senza conoscere

Come dicevamo, la vita non è una gara, ma se non lo è per i nostri figli, tanto meno lo è per i genitori, che fanno scelte educative diverse che, anche se non condivise, vanno rispettate. Quotidianamente assisto a scontri – a volte anche molto accessi e molto lontani dal vivere civile – ad esempio sullo stile di cura scelto: ma che senso ha giudicare senza conoscere le ragioni che hanno guidato quella mamma e quel papà? Sono loro e di nessun altro. E soprattutto, come possiamo pensare che i nostri figli imparino ad accogliere l’Altro, il suo modo di vivere e a relazionarsi in maniera positiva se noi per primi non siamo in grado di farlo? Vogliamo che sappiano esprimere le loro opinioni e difendere le proprie posizioni positivamente? Beh non è urlando o inveendo con gli altri che glielo insegneremo, pensiamoci!

Perdoniamoci!

Infine, un ultimo consiglio che, dalla mia esperienza, molti genitori dovrebbero mettere in pratica un po’ più spesso: impariamo a perdonarci  per i nostri errori e riconosciamo i nostri sforzi. Perché un “bravo genitore” non è il  genitore perfetto, ma chi si impegna ogni giorno tra le mille fatiche, cadendo e rialzandosi continuamente.

È  questo che fa di una mamma o di un papà, genitori migliori.

photo credit: iStock.com/m-imagephotography & Unsplash – pixabay & josealbafotos  – pixabay

 

 

 

Author

Acrobata per vocazione, una laurea in Lingue e Comunicazione, da oltre 10 anni mi divido tra le mie due grandi passioni: educazione e comunicazione, convinta che le due cose insieme possano fare la differenza. Da sempre in prima linea accanto ai bambini, agli adolescenti, alle mamme e ai papà, a scuola e in famiglia, ho lavorato e lavoro per diverse realtà del terzo settore occupandomi di diritti dei minori, cittadinanza attiva, intercultura, disabilità e fragilità sociale con l’obiettivo di contribuire a diffondere una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza. Il mio sogno? Mettere al servizio dei genitori le mie competenze e professionalità, per supportarli nel loro ruolo educativo.

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